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Aiuti di stato

I casi Orange e Deutsche Post: soluzioni opposte per la stessa vicenda

Martin Selmayr, a sinistra, insieme a Jean-Claude Juncker (Afp)
Martin Selmayr, a sinistra, insieme a Jean-Claude Juncker (Afp)

Non è solo l’Italia ad avere motivi di scontro con Bruxelles. In questi giorni sta facendo molto discutere il diverso atteggiamento che la Commissione europea ha avuto in due rilevanti casi di aiuti di Stato che sono sostanzialmente identici. Si tratta della tedesca Deutsche Post e della francese Orange (ex France Telecom). La Commissione aveva contestato per aiuti di Stato le modifiche al sistema pensionistico dei dipendenti delle due società (entrambe ex monopoliste nei rispettivi mercati di riferimento) introdotte in occasione delle privatizzazioni nel 1995 e nel 1996.

Pochi giorni fa la Corte di Giustizia ha respinto l’appello di Orange contro la decisione della Dg Concorrenza e aiuti di Stato in materia di trattamenti pensionistici dei dipendenti di Orange. Il governo francese, dunque, dovrà recuperare dall'azienda gli aiuti considerati illegittimi. La Commissione, interpellata sull’importo contestato, non ha fornito spiegazioni, ma dalla sentenza si ricava un ordine di grandezza di alcuni miliardi di euro. La questione riguardava la legge del 1996 che trasformando in società per azioni France Telecom (dal 2013 Orange) modificava il sistema di finanziamento delle pensioni dei dipendenti considerati funzionari pubblici, equiparandolo in parte a quello delle aziende private del settore ma escludendo la copertura di alcuni rischi e quindi riducendo nei fatti i contributi previdenziali dovuti da FT allo Stato. Nel 2011 la Commissione ha dichiarato queste misure aiuti di Stato compatibili con le regole europee ma ha imposto alcune condizioni. Orange ha fatto ricorso al Tribunale di primo grado che nel 2015 lo ha respinto e ha confermato la decisione di Bruxelles. Ora la Corte ha respinto l’ulteriore appello dell’azienda che dovrà rimborsare lo Stato.

Fin qui nulla di strano. Ciò che in questi giorni sta facendo molto discutere gli esperti giuridici, dopo la decisione della Corte su Orange, è l’atteggiamento completamente diverso che la Commissione Juncker ha avuto nei confronti di Deutsche Post in una vicenda molto simile. Nel 2012 la Commissione aveva chiesto al Governo tedesco di recuperare da Deutsche Post aiuti di Stato incompatibili con le regole del mercato interno in quanto sproporzionati, concessi alla società dal 2003 in avanti: una contestazione dunque più pesante rispetto a quella mossa contro Orange i cui aiuti erano considerati compatibili. L’importo contestato era tra 500 milioni e un miliardo di euro, più interessi. Il 14 luglio di quest’anno il Tribunale di primo grado ha accolto il ricorso dell’azienda ma la Commissione, in particolare il gabinetto del presidente Juncker guidato dal tedesco Martin Selmayr, ha ritenuto di non dover fare appello alla Corte di giustizia, come invece avviene di solito, e ha fatto scadere i termini dei 60 giorni entro cui si può fare ricorso. Questo nonostante il parere contrario degli esperti giuridici dell’esecutivo.

È opinione diffusa, infatti, che se avesse fatto ricorso, la Commissione avrebbe avuto ampie chance di vincere la causa contro Deutsche Post, convinzione che si è rafforzata dopo la decisione della Corte su Orange. Nel caso Orange, spiegano a Lussemburgo, «il Tribunale (e la Corte) hanno ritenuto che una misura di compensazione di uno svantaggio strutturale non esclude che essa costituisca un aiuto di Stato (il carattere compensatorio sarà quindi valutato per stabilire se si tratta di un aiuto compatibile)». La sentenza Deutche Post, invece, «ha ripreso una sentenza molto innovativa del Tribunale del 2004 (la sentenza “Combus”), che fino ad ora non aveva avuto seguito nella giurisprudenza successiva in cui si affermava che le misure che si limitano a compensare uno svantaggio strutturale non costituiscono aiuti di Stato».

Va da sé, si fa notare in ambienti vicini alla Corte, che in caso di appello della Commissione nella causa Deutsche Post, la Corte avrebbe dovuto tenere nella dovuta considerazione la pronuncia su Orange. Interpellata sul perché del diverso atteggiamento nelle due cause, la Commissione prima si è limitata a ricordare attraverso un portavoce che «ogni caso è valutato nel merito. Le decisioni della Commissione sono basate sui fatti e sulla legge». Nessuna spiegazione è stata data “nel merito” sulla differenza tra le due vicende. Successivamente, fonti della stessa Commissione hanno precisato che «il caso Deutsche Post resta comunque ancora aperto». L'esecutivo può aprire un'altra inchiesta nei confronti dell’azienda tedesca che è stata ed è oggetto di numerose procedure. Intanto però i termini per il ricorso sono stati lasciati scadere ed è un precedente pesante come un macigno. Due Paesi, due pesi, due misure? Anche per questo sorprende sempre di meno il clima di insofferenza crescente che si respira in Commissione e di cui Selmayr viene considerato uno dei principali responsabili.

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