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Stop del Consiglio di Stato alla riforma delle banche popolari

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Stop del Consiglio di Stato alla riforma delle banche popolari

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La legge sulla riforma delle banche popolari, una delle iniziative legislative del governo Renzi che ha sinora ottenuto forse i maggiori risultati, verrà rinviata all’esame della Corte Costituzionale per i profili di parziale incostituzionalità legati alla possibilità di rinviare o sospendere sine die il rimborso del diritto di recesso ai soci nel momento della trasformazione in spa.

La decisione è stata assunta dal Consiglio di Stato con un’ordinanza che da subito sospende, ma solo in modo parziale, la circolare della Banca d’Italia del dicembre 2013 attuativa della riforma, nella parte che riguarda il diritto di recesso. L’ordinanza pubblicata ieri ha fatto sicuramente rumore, soprattutto dopo che nei giorni scorsi la Consulta aveva bocciato alcuni aspetti della riforma Madia sulla pubblica amministrazione. Nei fatti, però, la decisioni dei giudici amministrativi non ferma la riforma. E questo perchè la gran parte delle banche popolari maggiori, quelle con un patrimonio netto superiore a 8 miliardi, ha già deliberato nei mesi scorsi la trasformazione in spa. E in realtà, anche per quelle che devono ancora completare il percorso, come la Popolare di Sondrio o quella di Bari, la questione non sarà se portare avanti o meno la trasformazione, ma piuttosto quanto potrebbe costare soddisfare le richieste di rimborso legate al recesso.

Tema che, a questo punto, potrebbe sorgere anche per le banche che hanno già deliberato la trasformazione, che hanno già concluso il recesso o lo hanno ancora in corso.

«In virtù della decisione assunta da Consiglio di Stato - spiega Francesco Saverio Marino, uno dei legali che ha proposto il ricorso - in teoria i soci delle banche che hanno aderito al recesso e non hanno visto soddisfatta la richiesta di rimborso potrebbero fare azione legale per ottenere il pagamento». Ma vediamo gli aspetti sollevati dai giudici amministrativi. Nel mirino, in particolare, il passaggio che prevede la possibilità di limitare o escludere tout court, e non invece soltanto differirlo entro limiti temporali predeterminati, il diritto al rimborso per il socio che esercita il recesso. E questo anche in «deroga a norme di legge», attribuendo all’istituto di vigilanza «un potere di delegificazione in bianco». Di conseguenza, la parte delle circolare 285 della Banca d’Italia che viene sospesa è quella che attribuisce agli organi della stessa banca interessata al recesso il potere di decidere l’esclusione del rimborso medesimo, creando un’«irragionevole» situazione di conflitto di interesse. E quella che attribuisce all’autonomia statutaria il potere di introdurre deroghe al codice civile.

Nella sostanza, la principale incriminata è la clausola che si può inserire nello statuto con cui si prevede «la facoltà di limitare o rinviare, in tutto o in parte, e senza limiti di tempo, il rimborso delle azioni del socio uscente». Le grandi banche popolari, in materia, si sono mosse in ordine sparso, tra chi ha deciso di non rimborsare i soci, chi di farlo solo in parte e chi ha aperta ancorala procedura in corso e non ha ancora comunicato come deciderà di regolarsi.

I ricorsi contro la legge di riforma delle popolari che ne eccepivano l’incostituzionalità sono stati numerosi, soprattutto da parte delle associazioni dei consumatori. Questi erano stati respinti in primo grado dal Tar, mentre il Consiglio di Stato ha riconosciuto la fondatezza della parte inerente il recesso, unificando i vari ricorsi in un’unica decisione. «Il Tar si era nei fatti sostituito alla Consulta - continua Marini -. Il Consiglio di Stato ha avuto un approccio più corretto, soprattutto sul profilo della deroga alla norme di legge nei poteri attribuiti a Banca d’Italia. Il Consiglio emetterà nei prossimi giorni un’altra ordinanza ad hoc con la quale rinvierà la legge di riforma alla Consulta». Ma la Consulta, a sua volta, potrebbe già esprimersi nei prossimi giorni sulla materia, in virtù del ricorso presentato nel 2015 dalla Regione Lombardia, che aveva sollevato la questione del conflitto di competenze tra Stato e Regioni. «Le ordinanze del Consiglio di Stato - ha dichiarato il presidente di Assopopolari Corrado Sfroza Fogliani - confermano le preoccupazioni da sempre espresse da Assopopolari a proposito di una delicata riforma come quella delle banche popolari,imposta peraltro con provvedimento d’urgenza, per ragioni e motivi che ancora non sono stati individuati. I giudici sono comunque sulla strada della salvaguardia della concorrenza ad ogni livello e di banche che da sempre sono a servizio del territorio».

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