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BANCHE IN CRISI

Mps, dopo il no della Bce si tenta l’operazione in extremis. Sullo sfondo il salvataggio pubblico

Mps prova in extremis la carta dell’aumento da 5 miliardi con capitali privati, dopo che la Vigilanza bancaria europea ha respinto la richiesta di far slittare di 20 giorni il termine ultimo per chiudere la ricapitalizzazione.

La decisione di Francoforte, comunicata informalmente, è ora soggetta all’avallo del Governing Council della Bce, che però difficilmente porrà obiezioni rispetto alle valutazioni del board Ssm. A questo punto quindi la ricapitalizzazione da 5 miliardi dovrà avvenire entro il prossimo 31 dicembre, come da impegni presi tra la banca e Francoforte.

La soluzione che a cui molti guardano per tenere in piedi la più antica banca del mondo è quella della nazionalizzazione. Ma nel frattempo la banca vuole comunque tentare comunque la strada dell’aumento privato: a partire dalla riapertura della conversione dei bond subordinati al pubblico retail, a cui si aggiungerebbero i capitali dei fondi di investimento.

Gli investitori privati
La mossa della Vigilanza europea era nell’aria. Francoforte non ha ritenuto che 20 giorni di proroga fossero sufficienti a cambiare il quadro di incertezza creatosi dopo il referendum costituzionale. La banca, assieme agli advisor e con la benedizione del Governo Renzi, aveva tentato di mettere in pista un piano di ricapitalizzazione con capitali privati, che faceva perno sulla partecipazione di anchor investor. Soggetti che ora, a fronte dell’assenza di un interlocutore chiaro al Governo, starebbero ragionando sul da farsi.

Il cda e il vertice al Tesoro
Ecco perchè, vista l’urgenza, per Mps è scattato il cosiddetto piano B, che di fatto prevede l’intervento statale nel capitale. In questo quadro, questa mattina i vertici di Banca Mps sono stati ricevuti dal ministro Pier Carlo Padoan. Ad accompagnare l’amministratore delegato Marco Morelli anche gli advisor e capofila del consorzio Jp Morgan e Mediobanca. La riunione era stata prevista per fare il punto sulla situazione e ragionare su possibili soluzioni alternative. A quanto risulta, il Tesoro sta lavorando a un provvedimento che sarebbe sostanzialmente «pronto per essere varato, laddove fosse necessario», come riportato ieri da Il Sole 24 Ore Radiocor Plus. Inizialmente prevista nel week-end, la misura potrebbe tuttavia essere messa in pista la prossima settimana, una volta insediatosi il nuovo governo e chiaritosi il quadro. Lo schema di massima prevede una «ricapitalizzazione precauzionale», contemplata all’articolo 32 delle direttiva sul bail-in (Brrd): sono diversi gli scenari possibili e vanno dalla concessione di una garanzia statale su nuove emissioni all’iniezione di fondi propri. Lo schema più realistico tuttavia è che l’intervento dello Stato sia subordinato alla conversione in azioni dei bond subordinati in mano agli investitori istituzionali, mentre resta da capire come possono essere ristorati i possessori di bond retail che detengono i bond oggetto di conversione.

Gli effetti su titoli e bond
Il possibile intervento sui bond subordinati spiega l’andamento in Borsa di alcune delle obbligazioni subordinate che potrebbero essere chiamate a contribuire al salvataggio tramite una conversione in azioni: il subordinato Tier2 con scadenza settembre 2020 ha perso l'11% sul Mot, a 54,55, mentre il bond da 2,16 miliardi finito in mano ai risparmiatori retail ha perso l'8,2%, a quota 50, sulla piattaforma Ddt di Mps. Più contenuto il calo di altri titoli, come il tier2 con scadenza aprile 2020 (-2,1% sulla piattaforma Euro Tlx). Pesante anche il titolo Mps, che dopo essere stato fermato in asta per un calo dell’11,42%, ha chiuso la seduta del 10,55% a 19,5 euro tra scambi pari a 2,25 milioni di pezzi, pari al 7,7% del capitale.

Il Cda e il tentativo in extremis
La banca, da parte sua, è tuttavia al lavoro sulle prossime mosse. A Milano si è chiuso in serata un consiglio di amministrazione che ha reso noto di non aver ricevuto alcuna comunicazione formale da parte della Bce. E' quanto si legge in una nota, in cui si puntualizza che la banca «prosegue pertanto tutte le attività propedeutiche al completamento della predetta operazione». Il Consiglio di Amministrazione è stato aggiornato a domenica 11 dicembre alle ore 16. Il presidente di Mps, Alessandro Falciai, entrando nella sede milanese della banca, ha risposto «assolutamente no» a chi gli chiedeva se fosse preoccupato per la situazione dopo la bocciatura della Bce. Una possibilità è che la banca tenti comunque di giocare ncora una carta per schivare l'intervento dello Stato. Tra le ipotesi che la banca starebbe esplorando c’è quella di tentare la strada della proposta di conversione per i bond subordinati retail, se venissero rimossi
i paletti posti da Consob che hanno bloccato le adesioni. I risparmiatori potrebbero contribuire fino a 2 miliardi, che si aggiungerebbero al miliardo raccolto dagli istituzionali e puntando per la restante parte su Qatar e mercato.

La reazione della Fabi
«Se dovesse essere confermata la decisione della Bce di non concedere a Mps la proroga per l'aumento di capitale, saremmo davanti a una presa di posizione irresponsabile, folle, arrogante, ai limiti della provocazione». Lo dichiara Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari. «Sono in ballo i destini di 26mila dipendenti e delle loro famiglie e di oltre 5 milioni di clienti. A questo punto diventa indispensabile che venga nominato subito un nuovo Governo e che soprattutto rimanga ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, l'unico che potrebbe gestire una situazione così complessa e difficile e che potrebbe, insieme all'amministratore delegato di Mps Marco Morelli, riuscire entro la fine dell'anno a raccogliere investitori per ricapitalizzare il gruppo con 5 miliardi di euro». Critiche anche da parte di Unità Sindacale, che giudica «gravissima ed irresponsabile» la decisione della Bce per voce del segretario generale Emilio Contrasto.

@lucaaldodavi


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