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Il destino di Mps in mano a 40mila obbligazionisti

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il salvataggio e le regole consob

Il destino di Mps in mano a 40mila obbligazionisti

Il destino del Monte dei Paschi si gioca entro mercoledì prossimo ed è nelle mani dei 40mila risparmiatori che nel 2008 sottoscrissero — spesso all'oscuro dei rischi — il bond subordinato upper Tier 2 da 2,16 miliardi emesso per comprare AntonVeneta. Dopo il “no” della Bce alla banca di Siena che chiedeva di rinviare la scadenza sul salvataggio da 5 miliardi con risorse private, scatta una folle corsa contro il tempo per chiudere entro il 31 dicembre. Il Governo intanto ha pronto un decreto per intervenire se il piano non andasse in porto. Palazzo Chigi, dopo aver rinviato la soluzione per mesi per evitare contraccolpi sul referendum del 4 dicembre, ha pronto un decreto.

In caso di intervento pubblico scatterebbe non il bail in ma il burden sharing. Si avrebbe una ricapitalizzazione “precauzionale”, con un intervento statale (per esempio come garante dell'aumento di capitale) ma dopo aver penalizzato azionisti e obbligazionisti subordinati, i quali potrebbero anche subire la conversione obbligatoria in azioni. Si parla di fondi per 15 miliardi per ricapitalizzare Mps ma, se necessario, anche altri istituti in difficoltà. Si fanno i nomi di Vicenza, Veneto Banca, Carige e delle quattro “bridge bank” nate dalla risoluzione di Banca Marche, Etruria, CariChieti e CariFerrara del 22 novembre 2015. Il testo contiene anche la garanzia sulla liquidità delle banche basata su un plafond di 150 miliardi autorizzato dalla Ue la scorsa estate.

Vi sono poi misure fiscali e il rinvio di tre o sei mesi della conversione in Spa per le Popolari, sospesa dal Consiglio di Stato per motivi di legittimità costituzionale. Mps ora ritenta in extremis a salvarsi da sé grazie al ribaltamento della posizione della Consob. Due settimane fa, sulla conversione dei subordinati del Monte in azioni l'autorità chiedeva il rispetto del profilo di rischio Mifid “cristallizzato” al 30 settembre dei bondisti retail e di fatto impediva l'adesione del 90% dei 40mila risparmiatori coinvolti. Dal 28 novembre al 2 dicembre, così, le adesioni dei portatori del bond retail apportarono solo 98 milioni. Ora Consob autorizza l'adesione dei risparmiatori alla conversione in azioni, che riguarda tutti i subordinati e durerà dalle 9 di ieri alle 14 di mercoledì 21 dicembre.

Per i bond e per le azioni Mps ha fissato paletti di condotta: informativa sul conflitto di interesse; valutazione di adeguatezza dell'adesione; se questa sarà adeguata la banca fornirà la consulenza, altrimenti no. I clienti che «di propria iniziativa » aderissero e per i quali l'operazione risultasse inadeguata potranno rinunciare o «chiedere di procedere comunque ». Per «evitare riprofilature strumentali ad assicurare il buon esito del giudizio di adeguatezza», per valutare l'adeguatezza varranno i questionari Mifid al 30 settembre o «parametri più cautelativi» rilevati sino al giorno dell'adesione. Per i suoi obblighi informativi, la banca ha deciso di inviare ai bondisti una comunicazione che evidenzia i conflitti di interesse; a chi comunque andasse in filiale per avere informazioni sarà data documentazione completa comprese le avvertenze.

Ai bondisti interessati Mps chiederà una dichiarazione firmata che attesti la conoscenza del conflitto di interesse «nell'operazione e nel cambiamento del proprio status, da obbligazionista ad azionista» anche «per gli effetti della disciplina sulle risoluzioni bancarie». In caso di valutazione di non adeguatezza, Mps chiederà poi a chi comunque vorrà procedere anche un'attestazione firmata «di aver aderito di propria iniziativa senza sollecitazione o erogazione di consulenza da parte dell'intermediario, di essere stato informato della non adeguatezza dell'operazione e di volere, ciònonostante, dar corso all'adesione». In sostanza, firmando i documenti, i risparmiatori che accetteranno comunque di convertire i bond libereranno la banca da qualsiasi responsabilità legale anche in caso di burden sharing.

Perché è essenziale la conversione massiccia del subordinato retail dal taglio da mille euro? Perché il bond vale 2,16 miliardi e solo un'elevata adesione ridurrebbe la necessità di trovare nuovi azionisti. Questa però carica chi converte del rischio superiore contenuto nelle azioni. È il classico “dilemma del prigioniero”: se non si convertono abbastanza bond la banca andrà in “burden sharing”, con azzeramento di bond subordinati e azioni; se si converte, si accetta comunque un rischio superiore e se il piano non funziona si resta in ogni caso con il cerino in mano. Ma i bond da soli non bastano al salvataggio che prevede altri due passaggi: l'aumento di capitale, complicato dal fatto che non c'è più il consorzio di garanzia; la cessione di 27 miliardi di sofferenze e la distribuzione della loro quota più rischiosa, la tranche junior, agli azionisti.

Mps parte dagli 1,03 miliardi raccolti nella prima fase di conversione dei bond, più altri 220 milioni dalla conversione del bond Fresh da 1 miliardo, per arrivare a 2,5-3 miliardi. Serve poi l'adesione da 1 miliardo del fondo sovrano del Qatar. L'aumento di capitale dovrà coprire la differenza per arrivare a 5 miliardi: il 65% sarà riservato a investitori istituzionali, il resto al retail. Come Plus24 segnala da mesi, aver procrastinato in extremis il salvataggio di Mps è un rischio che può avere effetti sistemici e scaricare su 40mila risparmiatori con scarse conoscenze finanziarie e all'oscuro di dettagli chiave l'onere di decidere la salvezza della banca — e le ricadute sul sistema — è un azzardo. L'associazione dei risparmiatori Aduc è furente: «I documenti sono decine di pagine piene di correzioni. La Consob ha vietato pochi giorni fa di far proporre l'operazione ai risparmiatori senza adeguato profilo di rischio e ora si rimangia la decisione ricorrendo alla finzione che l'operazione non sarebbe svolta dietro consulenza della banca, ma di spontanea iniziativa del cliente.

Il cliente viene chiamato e informato dalla banca (quindi sollecitato), ma firma — con il consenso dell'autorità che dovrebbe vigilare su correttezza e trasparenza degli intermediari — che ha letto e compreso tutte le informazioni (in tre giorni è impossibile che ciò accada) e perfino che l'operazione è fatta di sua spontanea volontà e non dietro consulenza della banca». Aduc prosegue: «C'è una manciata di ore per una valutazione estremamente complessa ma manca un'informazione chiave: cosa accade se l'aumento di capitale non va a buon fine? L'unico soggetto che può e deve rispondere è il Governo che non può lasciare a 40mila investitori subordinati di Mps una decisione così delicata senza tutte le informazioni disponibili per scelte d'investimento consapevole. Se l'operazione non andasse in porto (cosa probabile), la conversione forzosa prevista dal Governo dovrebbe prevedere risarcimenti: come saranno? Il Governo deve comunicare queste informazioni prima che la finestra di “conversione” si chiuda, non dopo», conclude Aduc.

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