L’Eni sta acquistando gas dall’Algeria a prezzi “italiani”. Il contratto di fornitura che la compagnia italiana ha appena rinegoziato con Sonatrach ha finalmente abbattutto l’ultimo baluardo dell’indicizzazione al petrolio, per accogliere un «meccanismo di aggiustamento legato al Punto di scambio virtuale (Psv)».
La novità, che è stata confermata al Sole 24 Ore da fonti vicine all’accordo, rappresenta una svolta significativa per il mercato. Non solo perché sta dando un’ulteriore spinta alle forniture algerine - che nella prima metà di dicembre hanno raggiunto in media 66,4 milioni di metri cubi al giorno, un record da 4 anni - ma soprattutto perché si tratta probabilmente del primo contratto rilevante agganciato al benchmark di prezzo della Borsa italiana del gas.
Quest’ultima, avviata nel 2010 dal Gestore dei mercati energetici (Gme), ha faticato ad affermarsi, tanto che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (Aeeg) ha preferito – quanto meno in via transitoria – prendere a riferimento il Ttf, benchmark olandese, più liquido, anziché il Psv per l’adeguamento delle tariffe nel mercato di maggior tutela.
La scelta di Eni e Sonatrach è un riconoscimento importante della rilevanza guadagnata dal Psv e potrebbe contribuire a rafforzarlo ulteriormente, aumentandone la liquidità. Una maggiore affermazione del benchmark consentirebbe all’Autorità di adottarlo anche per le nostre bollette, ma soprattutto sarebbe un passo fondamentale per la creazione di un hub italiano del gas: traguardo che il governo persegue da tempo, anche con la costruzione del gasdotto Tap, che aprirà un’ulteriore rotta per forniture che dobbiamo poter scambiare col resto d’Europa.
La notizia del nuovo contratto con gli algerini, nonostante l’importanza, era stata comunicata con toni sommessi e un’estrema parsimonia di dettagli. L’Eni aveva accennato a una «collaborazione rafforzata» nell’approvvigionamento di gas il 25 novembre, quando il ceo Claudio Descalzi aveva incontrato a Roma il presidente di Sonatrach Amine Mazouzi, ma a caldo era stato dato molto più risalto agli accordi con Algeri nelle energie rinnovabili.
Solo il 13 dicembre San Donato aveva diffuso una nota in cui diceva eplicitamente di aver firmato un accordo sulle forniture per l’anno termico 2016-2017, con «termini commerciali in linea con le condizioni del mercato rilevante» e relativo a «quasi il 20% del gas importato in Italia» (61,2 miliardi di metri cubi in tutto nel 2015, Ndr).
Si tratta dunque una decina di miliardi di mc: la metà rispetto ai 20 miliardi di mc l’anno che Eni era tenuta a ritirare con il vecchio contratto, ma meno di quanto compriamo oggi dall’Algeria.
Le importazioni dal paese nordafricano – che un tempo soddisfaceva un terzo del fabbisogno italiano – erano crollate a meno di 7 miliardi di mc nel 2014, ma di recente si sono riprese in modo eccezionale salendo a ben 14,8 miliardi di mc nei primi 10 mesi di quest’anno (+144,4% rispetto a un anno fa, mentre nello stesso periodo i dati di Snam Rete Gas mostrano acquisti in calo da tutti gli altri paesi fornitori).
Il negoziato sul gas algerino stava particolarmente a cuore a Descalzi, che vi si era dedicato personalmente per anni. Nel 2013, in risposta al crollo dei consumi, Algeri aveva concesso all’Eni di rimodulare i volumi, ma non era arretrata di un millimetro sull’indicizzazione del gas al petrolio.
Sul punto aveva invece ceduto senza difficoltà la norvegese Statoil e persino la russa Gazprom, dopo lunghe resistenze, aveva accettato che il prezzo delle sue forniture riflettesse in parte anche l’andamento del mercato spot del gas.
Il crollo del petrolio, che ha portato al collasso le finanze algerine, e la concorrenza del gas russo sui mercati europei alla fine hanno piegato anche Sontrach, spingendola a fare qualche concessione nei mesi scorsi a Enel ed Edison.
Mancava solo Eni, che adesso può dirsi soddisfatta: in un incontro con gli analisti a New York Descalzi ha dichiarato che nel 2017 conta di portare a breakeven la divisione Gas & Power.
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