Un altro maxi aumento per le scorte petrolifere Usa, un’altra micro reazione per il prezzo del barile. L’apparente irrazionalità del mercato ha raggiunto il culmine ieri, con il Wti che ha chiuso la seduta quasi invariato a 53,11 $ nonostante gli stock di greggio e di benzine siano entrambi saliti ai massimi storici.
Lo schema si ripete già da settimane: l’Energy Information Administration (Eia) pubblica dati ribassisti, spesso più ancora delle attese, e le quotazioni scendono, ma dopo una decina di minuti risalgono di botto, portandosi addirittura in rialzo.
Il «mistero» – così lo definisce il Financial Times – sta facendo nascere teorie del complotto. Alcuni analisti ipotizzano che dietro gli strani rimbalzi del petrolio ci sia la mano di un grande speculatore impegnato a difendere posizioni lunghe, se non addirittura di un Paese Opec.
In quest’ultimo caso si tratterebbe di un fenomeno inedito: i membri dell’Organizzazione, almeno finora, non sono mai stati molto attivi sui mercati finanziari del petrolio.
Sullo sfondo restano le cifre dell’Eia, che non dicono nulla di buono sul processo di riequilibrio tra domanda e offerta. Le scorte Usa di greggio sono salite di 9,5 milioni di barili la settimana scorsa (e di ben 39,1 mb nelle ultime 6 settimane), al record di 581,1 mb.
Quelle di benzine, lievitate del 17% da novembre, sono a quota 259 mb (+2,8 mb), anch’esso un record, legato non solo a una frenata dell’export, ma anche a una domanda interna sotto le medie stagionali: 8,43 mbg nelle ultime 4 settimane (-5,3%). Le raffinerie Usa hanno infatti lavorato solo all’85,4% della capacità.
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