È più del doppio di quanto chiesto per anni dal Fisco italiano a Diego Armando Maradona e poco meno di un terzo di quanto transato di recente dall’Erario con la Apple. Ma lui non è né il Pibe de Oro né tantomeno il gigante plurimiliardario dell'hi tech mondiale. Più prosaicamente lui è Maurizio Zamparini classe 1941 da Palmanova, noto al grande pubblico per essere il patron del Palermo Calcio. Zamparini nel suo piccolo vanta un primato. Deve al Fisco italiano, secondo quanto appurato da Il Sole24ore la bellezza di 99 milioni di euro.
Secondo l’agenzia delle Entrate la posizione debitoria mai sanata con l’Erario ammonta a 54 milioni di imposte non pagate cui si sommano 45 milioni tra sanzioni e interessi. Sanzioni e interessi lievitati nell'arco di 11 anni ,tanto è il periodo (dal 2002 al 2013) del lungo braccio di ferro sulle tasse tra il vulcanico imprenditore friulano da decenni di stanza a Vergiate nella brughiera varesina e lo Stato. Posizione che sarebbe lievitata ulteriormente negli ultimi anni e che secondo lo stesso presidente del Palermo oggi viaggia sui 130 milioni di euro.
Si comprende ora bene perché il sulfureo imprenditore, che ha fatto fortuna negli anni del boom economico con i centri commerciali, i Mercatone Zeta, poi ceduti alla francese Conforama nel 2002 e che gli hanno consentito di incassare una mega-plusvalenza di 400 milioni di euro, il retroterra dell’ acerrima campagna che Zamparini ha messo in atto negli ultimi anni con il movimento politico “Per la gente” con cui si scagliava contro la vessazione di Equitalia. Dietro c’era la sostanza di un contenzioso da 99 milioni con lo stesso braccio operativo dell’Erario.
Contattato da Il Sole24Ore, Zamparini rigetta ogni addebito. Parla di accanimento del tutto destituito da ogni fondamento. Cita il caso per lui eclatante del centro commerciale di Palermo, Conca d'Oro, e di un giro di fatture infragruppo tra due sue società (Gasda e Malu) che l’Agenzia delle Entrate ritiene false e che per Zamparini non lo sono affatto. Sta di fatto che di recente Riscossione Sicilia ha pignorato un credito di 200mila euro del Palermo Calcio verso la Figc. «Abbiamo avviato il pignoramento presso terzi considerando che la Federazione trasferisce somme al Palermo calcio, perché sui conti della società calcistica abbiamo trovato solo 2 mila euro» ha dichiarato il presidente di Riscossione Sicilia, Antonio Fiumefreddo. L'ira di Zamparini è finita in una lettera aperta in cui sostiene che quel debito era vecchio di 24 anni e pertinente alla gestione Sensi.
Il Palermo Calcio è un'altra grana per il Presidente Zamparini. Non solo in cassa c'erano solo 2mila euro, ma la società rischia di tornare in serie B con quel che comporterà in termini di minori incassi dai diritti Tv. Zamparini come persona fisica ha iniettato nelle casse del club, da quando lo presiede, oltre 73 milioni. Lo vuole vendere, ma per evitare di subire perdite deve trovare un compratore che valuti quella cifra il club. Difficile trovare qualcuno disposto a fare follie per un club che ha perso 50 milioni negli ultimi 5 anni; ha debiti per 120 milioni e ricavi a 90 milioni.Negli ultimi mesi si sono rincorse indiscrezioni su possibili compratori degli Emirati arabi, cinesi, e, infine, americani per il club rosa-nero.
“Il vero problema per il gruppo è la liquidità che si è prosciugata (Zamparini dice sparita nel tempo): gli affitti dei centri commerciali si erodono e l'attivo è immobilizzato”
Nello scorso novembre, secondo alcuni organi di stampa, la moglie e il figlio di Zamparini sarebbero andati a cena a Dubai con alcuni emissari dei cinesi interessati all'affare. Ma la trattativa si sarebbe poi fermata e al momento, malgrado l'ingresso sulla scena di un gruppo statunitense non meglio identificato, non ci sarebbe nulla di concreto all'orizzonte sul fronte della vendita del Palermo.Ma i guai per Zamparini non finiscono qui. Su di lui pende un decreto ingiuntivo per 9,5 milioni a favore di Atradius per l'escussione di una garanzia fidejussoria. E di garanzie e fidejussioni è pieno l'universo societario del gruppo Zamparini. La sua capogruppo la Gasda Spa (dall'acronimo dei suoi figli) che controlla il piccolo impero dell'imprenditore friulano su un attivo di 220 milioni ha garanzie per quasi 190 milioni di cui 85 milioni di sole fidejussioni.
Le fonti finanziarie vengono da Zamparini e i suoi figli che hanno 129 milioni di finanziamento soci. Ma il vero problema per il gruppo è la liquidità che si è prosciugata (Zamparini dice sparita nel tempo): gli affitti dei centri commerciali si erodono e l'attivo è immobilizzato. Per lavorare serve liquidità e Zamparini che ha un credito incagliato per oltre 50 milioni con la Popolare di Vicenza e un'esposizione bancaria che supera i 230 milioni cerca soci. Ha bisogno di finanziatori. Sul suo tavolo c'è il dossier del suo gruppo. Centri commerciali, masserie, poli turistici, terreni agricoli. Asset cui contrapporre nuove linee di credito.
Sta sondando il terreno, dice lui, con Jp Morgan e Banca Imi. Tuttavia, secondo indiscrezioni finanziarie, non ci sarebbe alcuna conferma di contatti continuativi con la banca statunitense, mentre la banca milanese non sarebbe coinvolta in nessun modo e non avrebbe alcun incarico sulla vicenda di riassetto del gruppo. Anzi, secondo i rumors, proprio Intesa Sanpaolo avrebbe un portafoglio di crediti incagliati nei confronti dell'imprenditore friulano e starebbe cercando di recuperarli. Zamparini starebbe inoltre cercando di cedere i propri centri commerciali del Sud Italia.
Nelle scorse settimane avrebbe avuto contatti con un broker internazionale con l'obiettivo di arrivare a una dismissione di queste attività, in aggiunta alla possibile vendita del Palermo. Chissà se troverà chi è disposto a dargli nuova linfa. Finchè c'è la Spada di Damocle del contenzioso fiscale difficile.
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