Il programma di quantitative easing della Bce compie due anni. Il 9 marzo 2015 l’istituto di Francoforte guidato da Mario Draghi iniziò a comprare bond governativi dell’Eurozona, aggiungendo in seguito anche l’acquisto di titoli privati (fra cui corporate bond). Nel complesso la Bce ha acquistato titoli governativi per 1.412 miliardi: 339 miliardi in Bund tedeschi, 269 in titoli francesi e 234 miliardi di BTp italiani.
Il programma di quantitative easing dovrebbe terminare a fine anno. Ma la maggior parte degli esperti si attende un prolungamento nel 2018. E questo nonostante l’inflazione nell’Eurozona abbia raggiunto la soglia del 2%, posizionandosi quindi formalmente in linea con il target della Bce «inferiore ma vicino al 2%».
Il punto è che però la Bce, per orientare la politica monetaria, non guarda tanto l’andamento dell’ “inflazione di fondo”, quanto piuttosto l’inflazione “core” (ovvero quella che non tiene conto dell’aumento dei prezzi dei prodotti energetici e delle materie prime agricole non lavorate). Questa inflazione è stabilmente allo 0,9%, quindi ancora lontana dall’obiettivo della Bce.
In ogni caso, prima o poi la Bce smetterà di pompare liquidità sul sistema. Anche perché con la politica di quantitative easing ha espanso il bilancio oltre 3.800 miliardi di euro, una soglia sinora mai raggiunta. È quindi probabile che il “Qe” non verrà interrotto in modo duro, ma attraverso un “soft tapering” attraverso il quale la banca centrale andrà via via riducendo l’ammontare mensile di acquisti di titoli fino a spegnere del tutto i rubinetti. Terminato il “Qe”, non è detto però che la Bce avvii l’inversione della politica monetaria alzando i tassi dalle soglie attuali (tasso di rifinanziamento principale a 0 e tasso sui depositi a -0,4%). La Federal Reserve degli Usa, ad esempio, ha impiegato 14 mesi per attuare la prima stretta monetaria (dicembre 2015) dopo aver chiuso i rubinetti del “Qe” (ottobre 2014).
Come si comporterà la Bce? Aspetterà un po’ di tempo, come la Fed? È certamente presto per dirlo perché molto dipenderà dall’andamento dell’inflazione, della ripresa economica e anche da eventuali tensioni politiche all’interno dell’Eurozona (non dimentichiamo che quest’anno ci sono elezioni in Olanda, Francia e Germania dove i movimenti anti-sistemici sono in ascesa).
In ogni caso, allo stato attuale delle cose gli investitori - stando all’andamento di un indice elaborato da Morgan Stanley sui tempi del prossimo rialzo dei tassi nell’Eurozona - si aspettano che la Bce alzerà il costo del denaro a luglio 2019. Fra 27 mesi.
Staremo a vedere. Anche perché, considerando che il mandato di Draghi alla Bce scade il 31 ottobre 2019, vorrebbe dire che l’attuale governatore lascerebbe il segno prima di salutare tutti.
© Riproduzione riservata