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Inflazione e tassi, le due sfide per Draghi

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Inflazione e tassi, le due sfide per Draghi

La Banca centrale europea non è un'istituzione politica. O almeno, così sono soliti ripetere a Francoforte. Eppure, mai come quest'anno dovrà fare i conti con la politica. “Basta guardare il calendario elettorale”, ha detto qualche tempo fa il suo presidente, Mario Draghi. Il voto in Olanda è ormai imminente, quello in Francia è a cavallo fra aprile e maggio, in Germania si va alle urne a settembre e non sono ancora del tutto escluse neppure elezioni in Italia. In tutti questi Paesi, la componente dell'opinione pubblica disposta a sostenere formazioni anti-euro non è forse sufficiente a portarle al Governo, ma è abbastanza forte da influenzare il dibattito e comunque a diffondere la percezione che il rischio che i tecnici chiamano “di ridenominazione”, in una parola la rottura della moneta unica, sia tornato, in misura superiore allo zero. L'ennesimo capitolo della crisi greca, ormai nel suo settimo anno, contribuisce a questo clima, che i mercati hanno cominciato a misurare.

Come se non bastasse, l'incertezza politica è accentuata dai fattori globali: le incognite sulle scelte dell'amministrazione Usa (che difficilmente verranno dissipate dal doppio incontro Trump-Merkel e Schaeuble-Mnuchin e dal G-20 di Baden-Baden della prossima settimana) e la confusione su Brexit.

Per cercare di evitare, probabilmente invano, di diventare un “political football” preso a calci da destra e da sinistra durante le campagne elettorali del 2017, la Bce ha deciso nel dicembre scorso di allungare fino alla fine dell'anno, anche se con importi ridotti a partire da aprile, il suo programma più controverso, l'acquisto di titoli noto come Qe, avviato esattamente due anni fa. Il rimbalzo dell'inflazione, più vigoroso del previsto, e la ripresa dell'economia hanno un po' cambiato le carte in tavola. Le nuove previsioni macroeconomiche, che la Bce pubblicherà oggi, ci diranno di quanto.

La più importante è quella sull'inflazione, che probabilmente verrà rivista al rialzo per il 2017, ma non in modo significativo per gli anni successivi, il “medio termine” che orienta l'azione dell'istituto di Francoforte.

Ma Draghi ha buone ragioni per tenere la barra sulla rotta indicata a dicembre, nonostante l'inizio di pressioni, per ora contenute, dei falchi del suo consiglio (ma assai più forti dall'establishment politico e finanziario tedesco): la risalita dell'inflazione può appunto essere temporanea, quella depurata dell'effetto-petrolio resta stagnante e le aspettative di mercato stanno scendendo da un paio di mesi a questa parte. Alle incognite della politica, la Bce non vorrà aggiungere quella di una banca centrale dal comportamento ondivago. L'istituzione poi (come lo stesso Draghi) ha memoria dei due episodi del 2008 e del 2011, quando una stretta monetaria decretata anzi tempo dovette poi essere invertita, nel secondo caso dal presidente della Bce appena insediato al posto di Jean-Claude Trichet.

L'unico margine sembra essere sulle parole: se, nella sua dichiarazione introduttiva, Draghi dovesse rimuovere oggi l'opzione di continuare, se necessario, a tagliare i tassi d'interesse, questo verrebbe visto come una forma di appeasement dei falchi dentro e fuori la banca (nel momento in cui il prossimo rialzo dei tassi della Federal Reserve potrebbe attutirne il contraccolpo) e un modo per cominciare a segnalare una via d'uscita dallo straordinario stimolo monetario degli ultimi due anni e mezzo. Anche questo gesto è però probabile che venga ritenuto prematuro. Resterà a Draghi il compito di destreggiarsi fra il crescente ottimismo sulla situazione economica con la rivendicazione del successo delle azioni intraprese finora e l'insistenza sulla politica monetaria accomodante.

Da Francoforte, il presidente della Bce volerà direttamente a Bruxelles subito dopo la conferenza stampa, per illustrare ai leader dell'Unione europea la situazione economica e l'azione della banca. Una navetta simbolica del fatto che la Bce non opera in un vuoto. E l'ennesima occasione per ricordare ai politici che il tempo concesso loro dalle misure della Bce sta per scadere

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