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Via libera di Trump all’oleodotto delle polemiche

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Via libera di Trump all’oleodotto delle polemiche

(Ansa/Ap)
(Ansa/Ap)

L’oleodotto Keystone XL – grande sia per l’ambizione di trasportare centinaia di migliaia di barili di greggio al giorno dal Canada delle oil sands agli Stati Uniti, sia per le polemiche sui danni ambientali – ha ricevuto il via libera formale di Donald Trump. Il Dipartimento di Stato, con il ministro Rex Tillerson fattosi da parte dato il suo passato al vertice di Exxon Mobil, ha concesso i permessi per valicare il confine. E Trump ha annunciato dalla Casa Bianca l’avvio del progetto, affiancato dal chief executive del gruppo che lo costruirà, Russell Girling di TransCanada.

Trump sblocca la costruzione del mega-oleodotto fermato da Obama

Trump, sbloccando il progetto congelato un anno fa sotto Barack Obama, ha sfoggiato entusiasmo. «È una nuova era per le infrastrutture», ha assicurato, aggiungendo che sarà «un oleodotto incredibile, la più straordinaria tecnologia conosciuta all’uomo».

Se l’iperbole non ha lasciato perplessi gli invitati alla cerimonia, è stato invece il Presidente a mostrare stupore alla constatazione di Girling che potrebbe essere prematuro celebrare, perché gli ostacoli non sono tutti superati: servono autorizzazioni da due Stati americani, il South Dakota e soprattutto il Nebraska, dove ci sono resistenze legali di ambientalisti e proprietari di terreni. La raffinazione del greggio da sabbie bituminose genera emissioni da effetto serra del 18-21% superiori rispetto al petrolio statunitense. «Chiamerò il governatore del Nebraska», ha tagliato corto Trump.

La promessa che l’oleodotto diventi un serbatoio di posti di lavoro è a sua volta parsa da circoscrivere: forse 20mila impieghi temporanei, ma solo 35 addetti stabili. Vana anche la promessa di usare acciaio «made in Usa» per il progetto: un decreto in proposito è valido solo per progetti interamente nuovi. Le tubature per Keystone sono inoltre state già acquistate da tempo. E gli impianti siderurgici statunitensi, secondo gli esperti, non sarebbero comunque in grado di sfornare la qualità di acciaio necessaria per strutture di 36 pollici di diametro.

Il dilemma di fondo per il settore resta in ogni caso la ragione economica. Con gli scenari di prezzo del petrolio tuttora incerti e lo shale oil in ripresa negli Stati Uniti, con forti margini potenziali di crescita, l’estrazione di oro nero dalle sabbie canadesi rischia di risultare troppo cara. Colossi come Total hanno abbandonato progetti simili e Exxon è stata costetta a svalutarne le riserve.

Se l’oleodotto Keystone XL vedrà davvero la luce, con i suoi 8 miliardi di dollari investimento e 1.200 miglia di tubi, dovrebbe trasportare ogni giorno 830.000 barili a Steele City, in Nebraska, dove si collegherebbe alla rete esistente per arrivare fino alle raffinerie del Golfo del Messico.

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