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Qatar riapre i rubinetti del più grande giacimento di gas del mondo

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energia

Qatar riapre i rubinetti del più grande giacimento di gas del mondo

Assediato dall’Australia, dagli Stati Uniti e persino dalla Russia, il Qatar ha deciso di scendere in campo per difendere la supremazia sul mercato del Gas naturale liquefatto (Gnl). Il Paese del Golfo Persico ha revocato la moratoria che da 12 anni fermava lo sviluppo del maggior giacimento di gas del mondo – il North Field, che in acque iraniane prende il nome di South Pars – per annunciare un progetto di espansione che nel giro di 5-7 anni ne accrescerà la produzione del 10%, ossia di 2 miliardi di piedi cubi (56,6 milioni di metri cubi) al giorno.

«Dal 2005 Qatar Petroleum ha condotto studi approfonditi e compiuto sforzi eccezionali per valutare il North Field», ha dichiarato Saad Al Kaabi, ceo della compagnia di stato, in procinto di fondere le controllate Qatargas e RasGas, che si occupano di Gnl. «Questo nuovo progetto rafforzerà ulteriormente la posizione di leadership del Qatar, tra i maggiori protagonisti dell’industria globale del gas».

Le sfidesi stanno moltiplicando. L’Australia, dopo un boom di investimenti miliardari, è avviata a sottrarre al Qatar il podio di primo forniture mondiale di gas liquefatto. Gli Usa, che solo un anno fa hanno spedito all’estero il primo carico di Gnl, dal 2018 potrebbero tornare ad essere esportatori netti di gas per la prima volta da sessan’anni: 65 milioni di tonnellate l’anno di Gnl americano dovrebbero arrivare sul mercato entro il 2121, di cui la maggior parte tra il 2018 e il 2019.

Persino la Russia, regina dell’export via gasdotto, è sempre più aggressiva sul fronte Gnl: il presidente Vladimir Putin la settimana scorsa ha proclamato che Mosca punta a diventare il primo produttore al mondo. Il traguardo è ancora lontano visto che con Yamal Lng –il progetto di Novatek e Total che entrerà in funzione a ottobre – la capacità di liquefazione della Russia salirà solo a 27 milioni di tonnellate l’anno, contro gli oltre 70 milioni del Qatar. Ma il Cremlino sta incoraggiando a lavorare in questa direzione. Anche perché il riscaldamento globale, assottigliando i ghiacci dell’Artico, ha aperto una nuova rotta alle navi metaniere russe, che nei mesi estivi potranno raggiungere la Cina in 19 giorni invece dei 32 giorni richiesti dalle rotte marittime tradizionali.

La stessa Novatek sta valutando se realizzare un secondo impianto, Arctic Lng-2, nella penisola di Gydan, che potrebbe estrare in funzione nel 2023. «Le penisole di Gydan e Yamal – ha detto il ceo della società, Leonid Mikhelson – hanno un’enorme base di risorse che consentirebbe una produizione di oltre 70 milioni di tonnellate l’anno, paragonabile a quella del Qatar».

Già oggi il mercato del Gnl è afflitto da un surplus di offerta, che ha fatto crollare i prezzi spot di oltre il 70% dai picchi del 2011. E l’eccesso è destinato a crescere: considerando solo i progetti di cui è stata avviata (o quanto meno approvata) la costruzione, Timera Energy calcola che la capacità di produzione globale tra il 2017 e il 2021 aumenterà di altri 118 milioni di tonnellate l’anno, ossia del 46%. La domanda non riuscirà a crescere altrettanto in fretta.

Secondo molti analisti, tuttavia, nel prossimo decennio la situazione potrebbe capovolgersi, cedendo il passo a un deficit di Gnl. Ed è proprio su questo che il Qatar sta scommettendo.

«I livelli di attività e i costi oggi sono bassi - osserva Giles Farrer, direttore ricerca Global Lng di Wood Mackenzie – È un buon momento per aggiungere nuova capacità, anche se il mercato del Gnl al momento è eccessivamente rifornito».

In questo modo peraltro Doha lancia un messaggio preciso ai concorrenti: «È un segnale che il Qatar intende aumentare la quota di mercato, che si sta riducendo perché altre regioni hanno costruito nuova capacità produttiva – prosegue Farrer - Ma è anche una minaccia ai concorrenti, perché il Qatar è in grado di aggiungere nuova capacità a un costo più basso rispetto a chiunque altro».

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