Se le festività pasquali lasciano chiusi oggi diversi mercati, non possono fermare le tensioni geopolitiche sul fronte coreano e su quello turco. Qui, l’esito del referendum che si è pronunciato a favore di un drastico rafforzamento dei poteri esecutivi di Recep Tayyep Erdogan ha visto la lira turca aprire la mattinata guadagnando in pochi minuti fino a un 2,5% (per salire a 3,6188 per dollaro) che verrà però messo alla prova delle contestazioni e del confronto con l’Europa: l’opposizione è decisa a contestare i risultati, che peraltro consegnano a Erdogan una vittoria dai margini sottilissimi, e molto inferiori alle aspettative.
A Istanbul la Borsa ha guadagnato lo 0,7%. Secondo Wolfango Piccoli, co-presidente della società di consulenza Teneo Intelligence, nel breve termine la vittoria di Erdogan potrebbe anche rimuovere parte delle incertezze che finora hanno gravato sui mercati finanziari: dopo il tentato golpe del luglio scorso, i downgrade sull’affidabilità del debito turco, la debolezza della lira. A cui ora alcuni osservatori accordano la possibilità di un breve rally, anche fino a quota 3,60 sul dollaro.
Ma dovrebbe trattarsi di un rally di breve durata: nel medio e lungo termine i problemi economici della Turchia sono destinati ad acutizzarsi. «C’è anche un pesante rischio - scrive Piccoli - che l’ulteriore consolidamento del potere sotto Erdogan aumenti la volatilità dello scenario interno, politico e societario». Malgrado i guadagni della giornata, la lira resta quest’anno la peggior valuta tra le 24 seguite da Bloomberg per i Paesi emergenti: da inizio anno la valuta turca ha perso il 3,2 per cento.
Presto i mercati «dovrebbero riportare l’attenzione sulle grandi sfide politiche della Turchia - spiega, citato dall’agenzia Bloomberg, Tatha Ghose, senior economist per i mercati emergenti a Commerzbank -: il rapporto con Stati Uniti e Russia, la questione curda, il rapporto con la Ue». Se il pacchetto di modifiche costituzionali approvate dal referendum verrà approvato senza modifiche - ha già chiarito il responsabile Ue per la Turchia Kati Piri, i negoziati per l’adesione verranno sospesi.
Ad attutire le preoccupazioni degli investitori, il vicepremier Mehmet Simsek ha precisato che non è in programma la convocazione di elezioni anticipate: il trasferimento dei nuovi poteri al presidente avverrà in modo graduale e il voto - in un Paese che è andato alle urne cinque volte in tre anni - resta fissato al novembre 2019. Simsek - l’autore della politica economica turca nell’ultimo decennio - da tempo promette una serie di riforme che accelerino lo sviluppo dell’economia turca, riducendo il deficit corrente che rende il Paese vulnerabile alle oscillazioni dei flussi di capitali esteri.
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