Hanno raccolto in eredità il testimone del dissesto, hanno fatto quel hanno potuto, ma si sono arresi all’evidenza. I vertici delle due banche venete dissanguate, la Popolare di Vicenza e Veneto Banca si preparano all’ultima assemblea di bilancio prima che lo Stato le nazionalizzi.
Non c’è altra possibilità dopo l’ennesimo anno, il terzo di fila, in cui hanno visto il bilancio tingersi di rosso con perdite miliardarie che hanno di fatto eroso solo nell’ultimo anno, l’intero aumento di capitale effettuato dal Fondo Atlante pochi mesi prima.
E se è tempo di bilanci lo è anche per chi ha gestito con fatica l’anno scorso il lascito pesante delle gestioni Zonin-Consoli. Ora che giunge il momento inevitabile dei tagli pesanti ai costi, condizione inevitabile, dopo quella propedeutica dei nuovi aumenti di capitale di cui si farà capo la collettività, per tenere a galla i due istituti, forse è giunto anche il momento della spending review per chi guida le due banche. Che non si sono lesinate nel pagare profumatamente chi sta provando a rimediare al crac indotto dalla precedente malagestio. Nei bilanci che verranno sottoposti all’assemblea dei soci (in realtà l’unico socio cioè il Fondo Atlante che ha in mano il 98% del capitale delle due banche) ci sono le informazioni sui compensi ricevuti nel 2016 dai vertici delle due banche venete. Ebbene il conto non è da poco.
In Veneto Banca si sono succeduti ben tre Consigli di amministrazione nell’arco del 2016. Un record assoluto. I soli consiglieri via via succedutesi sono pesati sui bilanci dell’istituto di Montebelluna per 2,18 milioni di euro. Ma poi c’è la dirigenza top dell’istituto. Dieci persone capitanate dall’ad Cristiano Carrus che da solo ha una remunerazione fissa per 1,1 milioni più benefit, e che hanno pesato nel 2016 per 2,71 milioni sui conti della banca. Fanno 4,9 milioni di euro appannaggio dei vertici di Veneto Banca.
Vista così dice poco. Dice di più se rapportata all’intero monte salari della banca che sono i suoi 5mila dipendenti ha un costo del personale che vale 383 milioni di euro. Gli uomini-guida dell’istituto valgono quindi oltre l’1% del totale dei costi per l’intero personale.
Non che dalle parti di Vicenza la musica sia molto diversa. I vertici della banca che comprende la direzione generale, i consiglieri e i sindaci sono costati, nel solo 2016, 8,9 milioni di euro. A gonfiare il valore c’è ovviamente la buonuscita incassata dall’ex ad Francesco Iorio. La sola indennità per la cessazione del rapporto di lavoro pesa per 2 milioni di euro. Anche in questo caso per dare l’idea del peso specifico val la pena ricordare che gli oltre 5mila dipendenti dell’istituto vicentino sono costati 412 milioni di euro l’anno scorso. I vertici della Popolare valgono quindi oltre il 2% del totale del costo del lavoro.
Poco, tanto? In linea con best practice dell’universo bancario? Dipende dai punti di vista. Certo non si può imputare a chi ha preso le redini delle due banche gravemente malate l’origine dei mali. Al contrario. Hanno dovuto provare a porre rimedio a un’agonia senza fine. Compito improbo. I clienti sono fuggiti con i depositi, i ricavi sono scesi del 30% per ambedue le banche e i costi oggi si mangiano l’intero monte entrate delle due banche, rendendo il ritorno all’utile pressochè impossibile dato che le sole rettifiche sui crediti malati, altro lascito della gestione Zonin-Consoli, valgono ancora oggi oltre un miliardo di perdite per ciascuno dei due istituti.
La via dopo che verranno ricapitalizzate dallo Stato non può che essere quella di un poderoso taglio dei costi che secondo le stime possono valere almeno 700 milioni. È la cifra che serve per riportare il rapporto costi/ricavi al 60-70% contro oltreil 100% attuale. In attesa che anche i ricavi, ritrovata la tenuta patrimoniale e recuperata la fiducia sullo scampato crac, possano tornare a crescere. Di certo quel sacrificio (si parla di 3mila esuberi e della chisura di 200 sportelli) deve cominciare (almeno a livello simbolico) dai piani alti. Tanto più ora che le banche si apprestano ad avere come padrone lo Stato.
© Riproduzione riservata