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Chi c’è dietro l’attacco hacker a Macron a colpi di fake news

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il ruolo dei media

Chi c’è dietro l’attacco hacker a Macron a colpi di fake news

(Reuters)
(Reuters)

Definito il più grande “troll” della rete, una micidiale macchina dell’odio dove nascono e muoiono le fake news, 4Chan è una delle molte piattaforme anonime dove sono atterrati mail, documenti, fogli di bilancio, contratti sottratti all’equipe del candidato centrista all’Eliseo Emmanuel Macron. È un forum online, anzi tecnicamente è una imageboard, un sito diviso per sezioni o argomenti, dove gli utenti pubblicano immagini e relativi commenti. Non c’è bisogno di registrarsi, di aprire un account quindi chi pubblica è coperto dall’anonimato. In una di queste sezioni, denominata Politically Incorrect, da alcuni anni si è riunita una comunità riconducibile alla destra alternativa e xenofoba americana. La chiusura di piattaforme come questa non appare una soluzione efficace, visto che se domani questa comunità di utenti considerata la pancia di internet dovesse sparire, spegnersi, ne nascerebbero altre centro, nel giro di pochissimo tempo. Lo sostengono gli esperti di cybersicurezza, ma lo dimostra anche la storia delle ultime consultazioni elettorali, perché quello che sta accadendo al termine della campagna per le presidenziali francesi è uno schema già visto.

Prima i documenti, le e-mail o le foto che spuntano in rete, poi i social network che commentano e indicano dove trovare le carte, i candidati che denunciano, le forze dell’ordine che indagano e i media che rincorrono cercando, quando è possibile, di mettere ordine. Sulle elezioni americane il Washington Post aveva accusato la Russia di essere dietro la campagna denigratoria sui social che tanto ha danneggiato Hillary Clinton. Ancora oggi non si hanno prove certe di quello che è realmente successo. Non ci sono hacker in galera ma solo uno scambio di accuse tra Washington e il Cremlino. Difficile immaginare che scopriremo qualcosa anche in questa occasione. Perché chi sottrae documenti o file lascia tracce, ma non impronte certe. Esistono anche gang di criminali informatici fiere di firmare le proprie imprese. Ma l’attribuzione di una “data breach”, di un’intrusione nei dati informatici, non è una scienza esatta. Ci muoviamo in un terreno lunare dove le prove, come l’utilizzo di server di Paesi stranieri, possono essere manipolate e create ad hoc per depistare le indagini. Risultato? Una nebbia informatica che non ha precedenti nella storia degli ultimi anni avvolge gli attacchi che hanno subito i candidati di queste ultime tornate elettorali. L’Fbi ha coniato un’espressione che ben definisce lo stato dell’arte del cyberspionaggio: Going Dark.

Anche per questo, in tempi di fake news, il ruolo dei media è sempre di più quello di basarsi sui fatti partendo dalle denunce di violazione dei diretti interessati. E i fatti ci dicono che prima che ieri comparisse su Twitter l’hashtag #MacronLeaks e un totale di 9 Gb di documenti finissero sul web, i server della campagna elettorale di Macron, En Marche!, a febbraio avevano smesso di funzionare a causa di una serie di attacchi provenienti da computer situati in Ucraina. La settimana scorsa poi arriva una querela per diffamazione di Macron, dopo la diffusione online di un conto corrente bancario segreto in un paradiso fiscale. Le piattaforme dove compaiono “le carte” sono 4Chan e Reddit. Sui social network circolano subito i link e i commenti senza che i documenti vengano verificati. Ed è questa la dinamica che si ripete fin dai tempi da Wikileaks. La pubblicazione in Rete su piattaforme che garantiscono l’anonimato non è garanzia di veridicità: chi verifica?

Nel 2010 nel caso del carteggio diplomatico furono i media a controllare con le ambasciate e le autorità il contenuto dei leaks, ma non c’era una scadenza elettorale. A 24 ore dal voto chi è in grado di guardare dentro 9 Gb di file per distinguere il vero dal falso? Nel comunicato diffuso dallo staff di Macron si dice che tutti i documenti sono legali e mostrano il normale funzionamento di una campagna elettorale. Ma anche che all’interno del pacchetto ci sarebbero informazioni «false per seminare il dubbio e la disinformazione». Chi ha il tempo di verificare la falsità di queste informazioni? Se lo staranno chiedendo entrambi i candidati francesi. Ma soprattutto gli elettori chiamati a difendersi dalle pance di internet e da quelle che a tutti gli effetti sono armi di distrazione di massa.

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