DoBank accelera verso la quotazione a Piazza Affari. Il gruppo italiano che opera nella gestione e recupero dei crediti non-performing potrebbe sbarcare in Borsa prima dell’estate. Sarebbe infatti questo il piano in corso di realizzazione da parte dell’azionista Fortress, che controlla il 100% di DoBank tramite il veicolo Eurocastle e altri fondi. DoBank potrebbe depositare il filing per l’Ipo nelle prossime settimane con la domanda a Borsa Italiana di ammissione alla quotazione sul mercato telematico e a Consob la richiesta di autorizzazione alla pubblicazione del prospetto informativo relativo all’offerta.
Ovviamente molto dipenderà dalle condizioni dei mercati, ma sarebbe possibile una quotazione a luglio, prima che l’attività degli operatori si rallenti nel mese di agosto. Se ciò non avverrà, il dossier di DoBank si dovrebbe concretizzare in settembre. In ogni caso, secondo quanto indicato in passato, sul mercato potrebbe andare il 40% del gruppo.
La società guidata da Andrea Mangoni e presieduta da Giovanni Castellaneta, che è affiancata da un pool bancario costituito da Rothschild, Citi, JPMorgan e Unicredit oltre che dagli avvocati di Legance, potrebbe valere in Borsa tra 700 milioni di euro e un miliardo di euro. Opera in un settore salito velocemente ai vertici della finanza italiana, quello dei non performing loan, cioè le sofferenze che fanno capo alle banche tricolori. Ma a differenza dell’azionista Fortress, che investe direttamente in portafogli di Npl, DoBank è attivo nella gestione dei portafogli stessi con una piattaforma di recupero. In un incontro con gli analisti nello scorso marzo Francesco Colasanti, managing director di Fortress aveva indicato che la società ha realizzato nel 2016 circa 61,6 milioni di Ebitda e che i comparable del settore trattano a multipli pari a 10-12 volte il margine operativo lordo atteso per il 2017. «Se si aggiungono anche gli altri asset in bilancio, la valutazione è sicuramente a nord di 700 milioni di euro», aveva spiegato Colasanti, sottolineando Dobank è iscritta attualmente nel bilancio di Fortress a 540 milioni. I termini di confronto, più che le italiane Cerved e Prelios, quotati entrambi a Piazza Affari, sono alcuni gruppi europei: come il servicer polacco Kruk e lo svedese Intrum Justitia.
DoBank è nata dalla ex-Uccmb, il veicolo di gestione dei non performing loan di casa Unicredit acquisito quattro anni fa da Fortress dopo un’asta competitiva. Nel luglio dello scorso anno ha inoltre acquisito Italfondiario, il secondo servicer indipendente in Italia. A vendere a quel tempo erano stati gli stessi fondi di Fortress (che controllavano Italfondiario all’88,75% dal 2000) e Intesa Sanpaolo, che aveva a propria volta in portafoglio una quota azionaria dell’11,25% del capitale. L’operazione dello scorso anno ha dato vita al più grande gruppo indipendente in Italia dedicato alla gestione e al recupero di Npl. La realtà aggregata ha oltre 83 miliardi gestiti e circa 200 milioni di fatturato, anche se le due piattaforme sono restate distinte fra loro.
In vista dell’Ipo DoBank ha inoltre leggermente razionalizzato il proprio perimetro. Ai primi di maggio è stato raggiunto con Lindorff Italia, ramo italiano di Lindorff Group, un accordo per la cessione a Lindorff di Gextra, società specializzata nei servizi di recupero crediti di piccole dimensioni e controllata da doBank, tramite Italfondiario. La cessione è rientrata nella strategia di doBank di concentrare la propria operatività nella gestione di crediti di dimensioni medio-grandi.
DoBank, dopo la quotazione, punta a crescere sia a livello organico sia attraverso acquisizioni sfruttando le forti opportunità del mercato italiano, atteso in forte crescita anche sulla scia degli elevati volumi di Npl (basta pensare agli oltre 27 miliardi lordi di sofferenze di Montepaschi e a quelli delle banche venete) che dovranno essere gestiti dalle piattaforme di recupero.
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