«Siamo solventi e abbiamo un capitale positivo». Con queste parole il presidente del Banco Popular Emilio Saracho ha provato a rassicurare i quadri dirigenti della banca spagnola dopo una settimana di passione che ha visto il titolo perdere oltre il 38% del suo valore.
La crisi che sta attraversando il Banco Popular è molto simile a quella del Monte dei Paschi di Siena e delle due banche venete. Alla base di tutto c’è un enorme fardello di crediti inesigibili pari a circa 40 miliardi di euro. Un’eredità della crisi del mattone in Spagna che, nel 2012, ha costretto lo Stato ad intervenire per mettere in sicurezza gli istituti più in difficoltà.
Banco Popular ha evitato il bail-out con i soldi pubblici ma da sola non è riuscita a risolvere i suoi problemi. Dei due aumenti di capitale: uno da 3,2 miliardi nel 2012 e uno da 2,8 miliardi l’anno scorso, non è rimasto nulla e, dopo il tracollo in Borsa di venerdì (-17%), il valore di mercato è sceso a poco più di 1,7 miliardi di euro.
Ora la strada del nuovo management per salvare l’istituto è stata quella di offrirsi ai concorrenti per una fusione, oppure un altro aumento di capitale. Il problema è che, come nel caso di Mps e le due venete, per il momento nessuno pare interessato. Uno dei candidati papabili era Bankia, l’istituto nato dalla fusione delle casse di risparmio in dissesto per la crisi del mattone e che in questi anni è tornato in salute. Ma la banca controllata dallo Stato pare abbia rinunciato per l’incertezza sul fabbisogno reale di capitale della banca. Quanti accantonamenti ancora bisogna fare in vista di possibili perdite sui crediti a rischio? Alcuni analisti hanno parlato addirittura di 4 miliardi di euro.
In lizza c’erano anche le due maggiori banche spagnole: Santander e Bbva. Secondo il Financial Times Santander starebbe ancora lavorando al piano ma si è posta un obiettivo troppo ambizioso: rendere profittevole l’operazione nel giro di tre anni. Al contrario Bbva pare essersi defilata. Nel frattempo la scadenza per presentare le offerte vincolanti (10 giugno) si avvicina e si inizia a pensare a possibili proroghe. Mentre si rincorrono le voci di fuga dei depositi la banca accelera sul piano di cessioni. Per martedì intanto è previsto un incontro per fare il punto della situazione alla Bce. Secondo Bloomberg non è da escludere che la banca faccia richiesta di liquidità di emergenza.
E lo Stato? Il ministro dell’Economia Luis de Guindos ha escluso un salvataggio con i soldi pubblici mentre nei giorni scorsi un portavoce dell’esecutivo Inigo Mendez de Vigo ha invitato alla calma ricordando che il Banco Popular «ha passato gli stress test».
Tutte queste notizie hanno contribuito ad un drastico deterioramento della fiducia dei mercati che si è tradotto nel crollo del titolo in Borsa e in un’ondata incontrollata di vendite sulle obbligazioni subordinate. Stando alla banca dati S&P Market Intelligence sul mercato ci sono circa 15 miliardi di euro di bond senior e 2 miliardi di titoli subordinati. Se i primi stanno reggendo, quelli a minor grado di privilegio sono sotto stress. Il caso più evidente riguarda un’obbligazione convertibile perpetua emessa a febbraio 2015 per un ammontare di oltre 750 milioni. Un titolo che fino a marzo veniva trattato al 90% del suo valore facciale e che negli ultimi giorni è crollato al 55 per cento. Segnale che il mercato inizia a prezzare il rischio «bail-in».
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