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Banche venete, pronto il decreto. Iniziato il Consiglio dei ministri

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DA cda di INTESA MANDATO A MESSINA A CHIUDERE operazione

Banche venete, pronto il decreto. Iniziato il Consiglio dei ministri

È iniziato alle 16 il Consiglio dei ministri che varerà il decreto necessario per avviare la liquidazione di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il via libera, in programma ieri per l’ora di pranzo e poi slittato ad oggi.

Il complicato lavoro di lima su tutti i dettagli, a meno di sorprese in extremis, dovrebbe essere quindi arrivato alle viste del traguardo. Il decreto dovrà entrare in vigore oggi, con un’edizione straordinaria domenicale della «Gazzetta Ufficiale», seguito a stretto giro dal decreto ministeriale sulla liquidazione e il provvedimento di Bankitalia con la nomina dei commissari.

In tarda mattinata intanto è giunto il via libera da parte del consiglio
di amministrazione di Intesa Sanpaolo all'acquisizione delle good bank delle banche venete. Il Cda dell'istituto, ha conferito mandato all'amministratore
delegato, Carlo Messina, per chiudere l'operazione.

Nelle ultime ore con Intesa si è continuato a discutere sulle modalità e i confini dell’acquisizione, mentre due sono stati i temi principali del confronto con le autorità Ue: la natura degli oltre 4 miliardi da destinare alle parti “bad” di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, e la possibilità di rifinanziare il fondo esuberi per gestire la ristrutturazione senza inciampare nei divieti europei sugli aiuti di Stato.

Quello finanziario è stato ovviamente in questi giorni fra i nodi principali. Per far partire i veicoli che dovranno gestire gli oltre 20 miliardi fra crediti deteriorati e in bonis ad alto rischio serve un’iniezione da oltre 4 miliardi. A questa voce andrà dedicata una quota dei 20 miliardi di debito aggiuntivo autorizzati dal Parlamento e messi a disposizione dal decreto «salva-risparmio», il provvedimento approvato all’antivigilia di Natale per avviare il salvataggio di Mps. Il meccanismo del «salva-risparmio», però, era stato pensato per le ricapitalizzazioni precauzionali, operazioni cioè che dopo l’intervento dello Stato dovrebbero riportare le banche sul mercato facendo rientrare il Tesoro dall’investimento. L’ampliamento del raggio d’azione dei 20 miliardi è quindi uno dei pilastri del decreto in arrivo. Il contesto della liquidazione coatta amministrativa è infatti diverso dalla ricapitalizzazione precauzionale; le “bad bank” dovranno gestire i crediti deteriorati o in difficoltà, probabili produttori di minusvalenze anche rispetto alle svalutazioni già operate nei bilanci delle due banche, e più in generale tutte le partite difficili, compresi i rischi legali legati alle gestioni precedenti che Intesa chiede di escludere dal «perimetro segregato» oggetto dell’acquisizione.

Per questa ragione, il confronto tecnico con la Ue ha riguardato la possibilità che i 4 miliardi abbondanti fossero da etichettare come indebitamento: un’opzione, superata a quanto assicurano fonti del governo, che avrebbe impattato sui saldi di finanza pubblica, anche se non in chiave strutturale. Con l’intesa con la Ue, il provvedimento dovrebbe quindi correggere l’utilizzo del debito senza imporre ulteriori passaggi parlamentari sul tema. «L’auspicio è che vada tutto per il meglio e si eviti ansietà all’interno del sistema economico - rilancia il presidente di ConfindustriaVincenzo Boccia -. C’è un’offerta di buon senso con Intesa Sanpaolo, speriamo che tutto converga. Devono solo prevalere buon senso e pragmatismo».

Il costo non è comunque limitato a questo aspetto. Il decreto serve poi a tracciare i confini del «perimetro segregato» dell’acquisizione offerta da Intesa. Fuori dall’orizzonte di Intesa devono restare i crediti deteriorati e anche quelli in bonis ma giudicati ad alto rischio, una serie di partecipazioni estranee all’interesse di Ca’ de Sass e gli «oneri di integrazione e razionalizzazione», cioè i costi legati alla gestione dei circa 4mila esuberi che secondo le stime sarebbero prodotti dall’intervento. Per questa ragione in cantiere c’è un rifinanziamento da oltre un miliardo per il fondo esuberi, che sarà comunque spalmato su più anni per accompagnare la maturazione dei requisiti dei diretti interessati. Sul punto, a quanto risulta, sarebbero superate anche le possibili obiezioni sulla compatibilità con le regole europee per gli aiuti di Stato.

Un capitolo del provvedimento serve a costruire per i piccoli investitori con bond subordinati in portafoglio (valgono intorno ai 200 milioni i titoli in tasca al retail) un sistema di “indennizzo” al 100% analogo a quello pensato a Natale per il Monte dei Paschi. A differenza dei casi di risoluzione, che ai titolari di bond junior delle quattro banche regionali hanno offerto il diritto a un indennizzo all’80% (al netto della lunghissima attesa per l’avvio degli arbitrati riservati a chi punta al rimborso pieno), la liquidazione punta a offrire una tutela integrale pari a quella della ricapitalizzazione precauzionale. Per capirne meccanismi e potenzialità occorre però far partire davvero i rimborsi senesi, che sono la prima prova pratica del meccanismo e attendono il via libera ufficiale da Bruxelles.

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