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Borse, è boom dell’indice della paura (+70% in tre…

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tensioni sui listini

Borse, è boom dell’indice della paura (+70% in tre giorni)

È stato fin troppo calmo e tranquillo per mesi, piatto come il mare in bonaccia. Ha accompagnato la lenta ma inesorabile salita dei listini scendendo a minimi record: l’8,84 del Vix segnato il 26 luglio scorso ha battuto l’8,89 registrato ventiquattro anni fa, per la precisione il 27 dicembre 1993. Poi, in perfetta simbiosi con i venti di guerra che da qualche giorno tormentano le Borse, l’indice della paura è esploso: la volatilità implicita (quindi futura) dell’indice S&P500, misurata dal Vix, in appena tre giorni è balzata in alto del 70%, toccando quota 17. C’è da avere paura?

Tre considerazioni prima di fasciarci la testa. Primo: un indice Vix che staziona da settimane a livelli così bassi non solo è inconsueto, ma anche innaturale. Tutti gli operatori avveduti davano per scontato un ritorno a stretto giro di un po’ di sana volatilità. E' vero che le quotazioni galleggiano sul mare di liquidità pompato dalle banche centrali, narcotizzate dalla marea di cash, ma un ritorno di fiamma del Vix era assolutamente nell’ordine normale delle cose.

Secondo: da tempo gli operatori cercavano una scusa per vendere. Le promesse non mantenute del Trump Trade (in particolare alla voce riforma fiscale) hanno portato le Borse su livelli troppo alti. Insostenibili. Le sale operative stavano aspettando un pretesto per portare a casa un po’ dei tanti soldi guadagnati da novembre, e la crisi coreana è caduta a pennello. Il piano è vendere ora, portando a casa un ricco bottino, e ricomprare quando il mercato sarà tornato a livelli più accettabili.

Terzo: agosto è un mese in cui da sempre in Borsa si «balla la rumba». Questo perché gli operatori istituzionali sono in vacanza, i volumi girano al minimo e basta poco per dare qualche spallata al ribasso al mercato, magari confidando nei diabolici automatismi di vendita degli algoritmi dei software. Ricordate la crisi cinese di due estati fa? Il copione dell’estate turbolenta sui listini è un blockbuster sempreverde.

Quarto, importantissimo: quasi nessuno si attende il peggio dalla crisi coreana. Trump semina tweet con minacce degne dei supereroi Marvel della prima ora, ma in molti hanno capito che gli Stati Uniti sono quelli che avrebbero più da perdere da un conflitto. Un tentativo di soluzione diplomatica è dietro l’angolo, come ha ammesso poche ora fa il numero uno del Pentagono, James Mattis. Wall Street infatti non gradisce eccessi che potrebbero portare a qualcosa di più di una correzione estiva dei mercati. Trump lo sa bene, e nel caso se ne fosse dimenticato provvederanno a ricordarglielo gli ex uomini d’oro di Goldman Sachs che si è portato alla Casa Bianca.

Tutto bene quindi? Non è detto. Il rischio che qualcosa vada storto c’è sempre. Non solo sulle rampe di lancio dei missili coreani puntati su Guam. Più che l’improbabile scambio di bombe tra statunitensi e coreani, è la bomba Vix che potrebbe fare danni. In giugno, quindi in tempi non sospetti, il talentuoso capo delle strategie quantitative di Jp Morgan, Marko Kolanovic, ha provato a ipotizzare un’improvvisa salita del Vix da 10 a 20 punti, non lontano dalla sua media storica (oggi siamo a quota 17). Quindi niente di catastrofico come nel dopo Lehman, quando il Vix superò quota 80 punti - era il 20 novembre 2008 - rompendo le ossa a chi aveva messo in piedi strategie mean reverting nell’errata convinzione che la volatilità sarebbe presto rientrata nei ranghi «come era sempre accaduto».

Secondo l’analista croato oggi, in un torpore borsistico generalizzato sul quale speculano in parecchi, un semplice raddoppio della volatilità potrebbe provocare un collasso della liquidità sui mercati, visto che sulla discesa del Vix sono state costruite numerose strategie di investimento complesse che andrebbero velocemente coperte. Quello che si rischia è il classico effetto panico, le centinaia di persone che cercano di uscire dal cinema in fiamme da una porticina piccola piccola. E allora sì che l’indice della paura tornerebbe a fare paura.

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