Il gigante cinese dell’e-commerce Alibaba supera le attese degli analisti e continua ad espadersi, anche in business paralleli alla vendita di beni online. Nel trimestre che si è chiuso a giugno, il gruppo capeggiato dall’ex insegnante di inglese Jack Ma ha registrato ricavi in aumento del 56% a 50,2 miliardi di yuan (7,4 miliardi di dollari) e utile netto a 14,03 miliardi di yuan ( 2,07 miliardi di dollari ). L’utile adjusted per azione della holding, quotata alla Borsa di New, si è attestato a 1,17 dollari contro un consensus di 0,94 centesimi. Alibaba è sbarcata a Wall Street nel 2014 con quella che è rimasta nota come una delle più grande Ipo tecnologiche (e non solo) sul listino della Grande Mela.
Il dominio è ancora dell’e-commerce
La più grande fonte di entrate del gruppo resta il commercio elettronico, con ricavi su del 58% a 43 miliardi di yuan (6,3 miliardi di dollari), ma inizia a farsi notare anche il cloud computing. Il fatturato dei servizi della “nuvola” sono aumentati del 96% nel confronto anno su anno, a 2,4 miliardi di yuan (359 milioni di dollari), mentre la platea di clienti a pagamento ha sfondato per la prima volta il tetto di un milione (+137mila utenti rispetto al trimestre precedente). Il business, però, deve ancora diventare redditizio e viaggia in rosso per l’equivalente di 78 milioni di dollari. Meno brillanti i conti della divisione media, che include servizi simili alla piattaforma di streaming Netflix: incremento del “solo” 30% (602 milioni di dollari), più basso rispetto ai ritmi dei trimestri predecenti.
Vendite internazionali in crescita del 136% (ma valgono ancora poco)
Alibaba ha rinsaldato il suo presidio sull’e-commerce con l’aumento di commercianti iscritti alla piattaforma, che ha raggiunto «picco storico» durante il trimestre, mentre gli utenti attivi sono arrivati a sfiorare il mezzo miliardo: 466 milioni, un bacino prezioso per le vendite dirette e l’advertising che passa per la piattaforma. Il gruppo ha evidenziato una crescita del 136% anche sulle vendite internazionale, ma i numeri restano modesti rispetto a quelli del mercato domestico: l’equivalente di 389 milioni, peraltro generati in buona parte all’interno dell’Asia.
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