L’effetto uragani potrebbe pesare molto di più sulla domanda che sull’offerta petrolifera, costringendo l’Opec a ulteriori sacrifici per ridurre l’eccesso di scorte sul mercato.
Irma, che sta investendo in queste ore la Florida, non rappresenta un pericolo per nessun giacimento. E neppure il passaggio di Harvey in Texas ha compromesso in modo duraturo il funzionamento dei pozzi: ad accusare danni sono state soltanto raffinerie e altri stabilimenti petrolchimici, impianti che il greggio non lo producono, ma lo utilizzano come materia prima.
Anche i trasporti sono stati sconvolti dagli uragani. In Florida (ma anche in Georgia, Carolina del Sud e Carolina del Nord) migliaia di distributori di carburante sono rimasti a secco a causa di Irma. E quando il maltempo cesserà ci vorrà comunque tempo a risollevare i consumi.
In Texas si pensa che Harvey possa aver distrutto fino a mezzo milione di auto. Per la Florida non ci sono ancora stime, ma è molto probabile che anche le perdite di veicoli si riveleranno ingenti. E comunque ci vorrà tempo prima che l’attività economica riesca a ripartire, riportando alla normalità anche il traffico di merci e persone: in Florida la rete elettrica è andata ko, lasciando al buio oltre 6 milioni di utenze e sembra che ci vorranno settimane per completare le riparazioni.
Goldman Sachs prevede che nel mese di settembre i due uragani ridurranno la domanda petrolifera di ben 900mila barili al giorno, tra greggio e prodotti. Tuttora ci sono 2,24 milioni di bg di capacità di raffinazione fuori uso a causa di Harvey, stima la banca, osservando che «il riavvio degli impianti sta prendendo più tempo del previsto e in alcuni casi ha rivelato danni significativi».
Anche le estrazioni di greggio sono state frenate da Harvey. Ma il calo stimato da Goldman per settembre è di soli 300mila bg, non abbastanza per impedire che le scorte Usa ricomincino a salire. La matematica è semplice: gli uragani comporteranno un accumulo di600mila bg questo mese, tra greggio e prodotti raffinati, e poi di altri 300mila bg a ottobre. Come minimo. Perché c’è anche il normale rallentamento stagionale della domanda, ricorda la banca, che andrà a sommarsi all’effetto uragani.
Nel 2005 nei tre mesi successivi all’uragano Katrina la domanda petrolifera negli Usa si era ridotta del 2%. Agli attuali livelli di consumo si tratterebbe di circa 390mila bg. L’impatto potrebbe essere riassorbito, secondo Ed Morse di Citigroup: «Nel breve termine non si tratta certo di buone notizie, ma alla fine probabilmente offerta e domanda finiranno col ribilanciarsi».
L’Opec comunque sta già esaminando le possibili contromisure. Il ministro saudita dell’Energia Khalid Al Falih nel fine settimana ha incontrato i suoi omologhi di Emirati arabi uniti, Venezuela e Kazakhstan (Paese quest’ultimo esterno all’Opec), accordandosi – secondo una serie di comunicati diffusi da Riad – sulla necessità di valutare una proroga dei tagli produttivi, che in teoria scadrebbero a marzo.
© Riproduzione riservata