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Petrolio, l’export Usa da primato spinge l’Opec a ripensare le…

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Petrolio, l’export Usa da primato spinge l’Opec a ripensare le strategie

(Bloomberg)
(Bloomberg)

Negli Usa la produzione di petrolio sta forse frenando. Ma l’export di greggio corre come non aveva mai fatto: la settimana scorsa ha sfiorato 2 milioni di barili al giorno, un record storico che potrebbe spingere l’Opec e i suoi alleati a modificare le strategie.

Il presidente russo Vladimir Putin, che oggi riceverà per la prima volta il sovrano saudita, ha accennato alla possibilità di una lunga proroga dei tagli produttivi: «Se decideremo un’estensione dovrà essere almeno almeno fino alla fine del 2018».

Sempre da Mosca, dove è iniziata l’Energy Week, il ministro iraniano Bijan Zanganeh ha detto che l’Opec Plus sta valutando anche tagli più pesanti, indicazione confermata dal venezuelano Eulogio Del Pino, che ha inoltre parlato di un possibile allargamento della coalizione: altri 10-12 Paesi dell’Africa e dell’America Latina sono stati invitati a partecipare.

Non è detto che l’export di greggio americano rimanga a lungo sui livelli attuali: il motivo principale del boom è il differenziale di prezzo tra il Wti e il Brent, che si è ampliato fino a 6 $/barile (a vantaggio del riferimento europeo) in seguito agli uragani negli Usa.

Anche se lo spread ha già iniziato a chiudersi, l’impatto dei barili Usa sui mercati potrebbe comunque determinare una nuova fase ribassista per il petrolio.

Le esportazioni Usa arrivano in autunno, in coincidenza con l’avvio delle manutenzioni nelle raffinerie e quando i consumi di carburanti rallentano.

Sui mercati fisici europei ci sono già segnali di debolezza: i margini di raffinazione nel Vecchio continente si sono ridotti, il Dated Brent è tornato in leggero contango (prezzi a pronti inferiori a quelli a tre mesi) e secondo Kpler nel giro di appena una settimana il greggio stoccato (o forse solo fermo) su petroliere nel Mare del Nord è aumentato da 3 a 5,4 milioni di barili.

Uno scenario di nuovo negativo, insomma, che potrebbe presto contagiare anche il mercato dei futures. Il Brent rischia una correzione brutale se i fondi – che hanno accumulato un’esposizione rialzista da primato – si abbandoneranno alle liquidazioni.

Ieri, grazie anche al crollo delle scorte Usa (-6 mb il greggio e -2,6 mb i distillati la settimana scorsa) il prezzo del barile tutto sommato ha resistito. Il Brent ha chiuso a 55,80 $ (-0,4%), il Wti a 49,98 $ (-0,9%).

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