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Rosneft: con Eni e Saipem nel Mar Nero

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Rosneft: con Eni e Saipem nel Mar Nero

«Ci piace produrre petrolio, ovunque sia - dice Igor Sechin -. Non sono un politico, il mio compito è operare in modo efficiente, e vicino ai mercati». Il regno di Rosneft è in piena espansione. E nella prima giornata del X Forum economico eurasiatico in corso a Verona, ormai un punto di riferimento per il mondo del business che non vuole rinunciare al dialogo con la Russia ma guarda anche oltre, a un’Europa più vicina all’area Asia-Pacifico, quasi tutti i riflettori sono su Sechin e su Rosneft, prima compagnia petrolifera al mondo, tra quelle quotate.

Con al proprio fianco Gerhard Schroeder, l’ex cancelliere tedesco di recente scelto dagli azionisti come presidente del board, Sechin ripercorre i fronti aperti dalle ultime mosse di Rosneft, dall’ingresso nel capitale dei cinesi di Cefc - anch’essi presenti al Forum - all’acquisizione del 30% nella concessione di Shorouk, nell’offshore dell’Egitto dove si trova il maxi giacimento di gas naturale di Zohr, scoperto da Eni nel 2015: il più grande mai rinvenuto nel Mediterraneo.

I legami con l’Eni

Tra gli impegni più immediati, dice l’amministratore delegato di Rosneft, l’inizio delle perforazioni con Eni e Saipem nel Mar Nero, tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio. Entra così nel vivo la partnership strategica sigillata anni fa, nel 2012, per lo sviluppo congiunto di licenze sia nell’offshore del Mar Nero che nel Mare di Barents, sull’Artico. «Con Eni - spiega Sechin - la collaborazione si allarga a tutti i settori, dalla trasformazione ai segmenti della tecnologia».

L’ultimo passo riguarda l’Egitto, il progetto Zohr in cui Rosneft è entrata accanto a Eni - che attraverso la controllata Ieoc ha ora una quota di partecipazione del 60% - e a Bp, con il 10%. L’entrata in produzione è attesa per fine anno. Un «buon progetto» per Rosneft, conferma Sechin a Verona: «Entro la fine dell’anno - aggiunge - la quota di gas a cui Rosneft avrà diritto sarà diretta in prima battuta al mercato interno egiziano, destinata soprattutto alla generazione elettrica. Ma parte verrà anche indirizzata ai mercati europei». Sechin ha anche espresso l’intenzione di esercitare l’opzione di acquisire un’ulteriore quota del 5% nel progetto: salendo però oltre quella quota del 33% che farebbe scattare eventuali sanzioni americane sui progetti energetici che coinvolgono la Russia.

Il nodo delle sanzioni

E a Verona le sanzioni sono al centro di ogni intervento, la barriera che mette in pericolo il dialogo tra le tante anime dell’Eurasia. «Non sta alle imprese metterle o levarle - osserva Emma Marcegaglia, presidente di Eni ma anche di Business Europe, l’associazione degli imprenditori europei -: quello che possiamo fare è provare a rafforzare la nostra collaborazione anche in presenza delle sanzioni». Lavorando per evitare di crearne altre, adottando un approccio «pragmatico per unire le nostre sorti economiche: Russia ed Europa devono stare dalla stessa parte».

E questa volontà di creare un ponte è il filo comune che percorre il Forum creato da ormai dieci anni da Antonio Fallico, presidente dell’Associazione Conoscere Eurasia e di Banca Intesa Russia, una possibilità per il business di «colmare il vuoto della politica». Anche perché la condivisione delle risorse energetiche è condizione chiave per garantire lo sviluppo economico della Grande Eurasia, e a Verona al centro dello scenario è il gas. Che, ha fatto notare Marco Alverà, amministratore delegato di Snam, «ha un futuro molto promettente a livello globale e da qui al 2040 crescerà più del carbone e del petrolio: dobbiamo abbandonare l’idea del gas come un combustibile di transizione, e pensare al gas rinnovabile come “forever fuel».

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