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Opec e Russia temperano le aspettative sul vertice

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Opec e Russia temperano le aspettative sul vertice

L’Opec e i suoi alleati devono ancora mettersi d’accordo sui dettagli del piano per proseguire il taglio della produzione di petrolio. O almeno, questo è quello che vogliono far credere al mercato, per evitare un crollo delle quotazioni del barile dopo il vertice di fine novembre.

Nelle ultime settimane un mix di rumors e dichiarazioni ha messo in dubbio la disponibilità della Russia ad appoggiare senza esitazioni un’ulteriore proroga del piano, dall’attuale scadenza del 31 marzo alla fine del 2018. E gli investitori si sono fatti un po’ più cauti.

Qualche fondo ha cominciato a liquidare posizioni rialziste, un processo che probabilmente ha pesato anche ieri sul prezzo del barile (il Brent è arretrato dello 0,8% a 62,22 $), altri hanno addirittura piazzato qualche scommessa ribassista: nella settimana al 14 novembre le posizioni “corte” sul Brent sono aumentate dell’8,7% – un incremento che non si vedeva da giugno – anche se rimangono davvero minoritarie.

Gli speculatori in realtà hanno ancora una fortissima esposizione al rialzo, addirittura da record se si considera l’insieme dei future del comparto: su Brent, Wti, benzina e gasolio ci sono posizioni lunghe equivalenti a 1,31 miliardi di barili, evidenzia John Kemp, analista di Reuters, e il rapporto tra lunghi e corti è di 6,9:1 , uno dei più alti da anni.

Una qualsiasi delusione – e forse persino un’assenza di sorprese – al vertice del 30 novembre potrebbe mandare a picco le quotazioni petrolifere. È possibile che l’Opec e i suoi alleati stiano cercando di smorzare le aspettative, una volta constatato che il mercato stava dando ormai per certo l’esito degli incontri, che a Vienna coinvolgeranno prima i membri dell’Opec e subito dopo anche gli alleati non Opec, guidati da Mosca.

Il ministro iraniano Bijan Zanganeh ieri ha detto all’agenzia Irna che «la maggioranza dei membri Opec supporta la proroga»: dunque non c’è ancora l’unanimità, necessaria per ogni delibera del gruppo.

Il ministro russo Alexander Novak ha intanto ripetuto che Mosca deciderà «più avanti» che posizione prendere a fine mese. Oggi ne discuterà di nuovo con le compagnie petrolifere locali, che con la risalita del prezzo del petrolio sono tornate a mostrarsi recalcitranti verso l’ipotesi di una lunga proroga dei tagli.

Un bluff? Di certo la Russia finora non ha barato nel ridurre la produzione. Le sue esportazioni di greggio sono però aumentate di circa il 2% (160mila barili al giorno) tra gennaio e settembre, rispetto a un anno prima. E Rosneft proprio ieri ha firmato un contratto per fornire 60,8 milioni di tonnellate di greggio tra il 2018 e il 2022 alla cinese Cefc, appena divenuta sua azionista col 14%.

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