La crescita economica cinese poggia su una grande, sterminata, muraglia di debiti. Poco tempo fa, il governatore della banca centrale Zhou Xiaochuan, durante un discorso ufficiale ha parlato di un Minsky moment, riferendosi ai timori sull’eccessivo indebitamento e ai pericoli per la stabilità del sistema finanziario della seconda economia mondiale. Negli anni Novanta Hyman Minsky, fu il profeta inascoltato della crisi subprime, scoppiata molti anni dopo negli Stati Uniti. Da allora questo economista di scuola keynesiana viene evocato periodicamente quando c’è qualche segnale di fumo all’orizzonte. Come a dire: «Vi avevo avvisato». I problemi maggiori sul debito in Cina, al momento, sono nella crescita rapidissima del credito al consumo, nei prestiti al settore delle costruzioni e nella massa di Npl, ormai oltre i 1.600 miliardi di yuan (251 miliardi di dollari), ai massimi dal 2008.
Il debito pubblico
L’orologio del debito pubblico cinese misura oltre 4.600 miliardi di dollari. Una cifra che va moltiplicata per 2,5 se si considerano anche i debiti dei veicoli finanziari delle municipalità locali. E che supera, dunque, gli 11.500 miliardi di dollari Usa. Numeri da prendere con le pinze: la Cina ha ancora una struttura da Paese emergente per quanto riguarda il debito, soprattutto per l’opacità che lo circonda. La prudenza è dunque d’obbligo. Il debito aggregato (governo, società, famiglie) è salito al 257% del Pil, stando ai dati del governo. Tuttavia, secondo diversi analisti di Hong Kong tale cifra andrebbe moltiplicata per quindici, per arrivare a un numero vicino al reale.
Qualche mese fa Moody’s ha tagliato il rating del debito cinese di lungo periodo da Aa3 ad A1: non succedeva dal 1989. Per gli stessi motivi anche Standard & Poor’s ha abbassato il rating del debito a lungo termine da AA- ad A+. A dicembre gli economisti del Fmi hanno pubblicato un report nel quale sostengono che «i livelli troppo elevati del debito cinese pongono rischi di stabilità al sistema finanziario». Invitando il governo di Pechino a fare di più in termini di riforme per favorire la stabilità del sistema. Un consiglio che sembra aver raccolto il presidente Xi Jinping. L’imperativo per Pechino non più è la crescita a tutti costi, come è stato negli ultimi decenni. Tant0 che il governo ha vietato lo shopping all’estero nei settori non strategici. Ma una crescita più limitata in termini di percentuali, ma sostenibile nel tempo.
Il credito al consumo
Il primo grande problema del debito cinese riguarda la crescita rapidissima del credito al consumo, attraverso una miriade di piccoli lender. La classe media ha voglia di consumo. Fa la coda per avere l’ultimo iPhone, vuole viaggiare nelle capitali europee. E si indebita. Il volume del credito al consumo in Cina negli ultimi due anni è aumentato di oltre 35 volte. Secondo China Securitization Analytics, nel 2017 i prestiti sono saliti a 489,4 miliardi di yuan (75,3 miliardi $). Un vero e proprio boom. Confrontato con i 98,9 miliardi di yuan del 2016. Gran parte delle società cinesi attive su Internet ha delle divisioni dedicate al credito al consumo e al micro-credito: Ant Financial, controllata da Alibaba, domina il mercato, ma ci sono anche le società di JD.com, Baidu, VipShop Holding e Xiaomi Technology. Ant Financial ha il 60%: ha un capitale sociale di 10,6 miliardi di yuan, ma nei primi sei mesi del 2017 ha concesso prestiti per 265,1 miliardi di yuan (dati di Cib Research). Con un effetto leva che balza agli occhi.
Il ministro delle Finanze cinese, Lou Jiwei, dice che i debiti dei governi locali «sono in ordine», ma gli analisti restano prudenti perché i dati ufficiali considerano solo i livelli del debito pubblico del governo centrale. Secondo i dati del ministero a fine novembre il debito complessivo delle municipalità locali ammontava a 16,6 mila miliardi di yuan (2.500 miliardi $), in aumento da 15,3 mila miliardi di yuan (2.200 miliardi $) di fine 2016. Gran parte del debito locale, l’88%, è sotto forma di bond. Prestiti obbligazionari ottenuti attraverso partnership pubblico-private con veicoli finanziari creati da hoc da città e regioni per cercare fondi (cosiddetti LGFV) e oltrepassare i limiti ufficiali del sistema bancario cinese. Quest’anno sono in scadenza 31 miliardi di dollari di bond locali nel settore delle costruzioni. Obbligazioni da ripagare. I bond sulle società di costruzioni hanno «alte probabilità di default nel 2018» secondo dieci analisti su quindici, appena intervistati da Bloomberg. Nel 2016 in Cina ci sono stati almeno 24 casi di default sui bond locali. Il rendimento dei corporate bond è ai massimi da quattro anni. Qualcuno parla di bomba a orologeria.
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