Nella sfida tra l’anarchia del Bitcoin e la disciplina delle autorità di regolamentazione finanziaria, le seconde hanno segnato un punto molto importante a loro favore. La Corea del Sud, il terzo mercato mondiale per le criptovalute e probabilmente il più “esuberante”, ha annunciato una legge per proibire gli scambi sui mercati nazionali, vietando gli scambi di monete digitali anche a istituzioni finanziarie e cittadini stranieri. La stretta riguarderà quindi anche le sei banche coreane che attualmente offrono conti denominati in criptovalute, sfidando peraltro la normativa antiriciclaggio.
Come ha spiegato il ministro della Giustizia Park Sang-ki, «il trading di criptovalute, sempre più simile a speculazione e gioco d’azzardo, rischia di infliggere seri danni al portafoglio dei cittadini». E anche se ogni nuova legge proposta dal Governo deve passare il vaglio dell’Assemblea Nazionale di Seul prima di essere promulgata, il Bitcoin ha reagito male alla notizia, perdendo circa il 14% del suo valore sul Bitstamp exchange. Nel pomeriggio la criptovaluta ha recuperato parte delle perdite ma resta al di sotto dei 14mila dollari.
La legge annunciata da Park Sang-ki, attesa da tempo, è la logica risposta a un fenomeno che in Corea è diventato davvero pericoloso: la febbre da Bitcoin ha portato a scambi con prezzi folli, a volte superiori del 40% rispetto a quelli dei mercati internazionali di criptovalute. Una bolla sempre più inquietante, che rischia di rovinare migliaia di investitori.
Ma l’offensiva di Seul contro il Bitcoin non si è fermata agli annunci. Sempre ieri gli agenti del Fisco coreano si sono presentati nelle sedi dei due principali mercati nazionali di criptovalute, Coinone e Bithumb , chiedendo dati precisi sui volumi di scambi e sulle tasse pagate dagli intermediari. Nel mirino c’è soprattutto Coinone, sotto inchiesta già dal mese scorso perché permetteva ai trader di mettersi al ribasso sulle valute digitali, creando problemi di stabilità al sistema oltre che permettendo ai risparmiatori di giocare d’azzardo sulla volatilità dei prezzi.
La stretta coreana segue quella cinese dello scorso autunno, quando le autorità chiusero la più grande Borsa di Bitcoin per frenare la speculazione ma soprattutto evitare che le criptovalute diventassero il chiavistello in grado di eludere lo stringente controllo sui movimenti di capitale. La sfida tra i criptofuorilegge digitali e gli sceriffi delle authority è ancora aperta, ma il clima per i primi si sta facendo sempre più pesante.
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