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SALONE DI DETROIT / 1

Fca stacca Gm e Volkswagen: in tre anni il titolo è cresciuto del 205%

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«L’ho invitata a cena, ma non è mai venuta. Non è venuta neanche a prendere un caffè con me». Tre anni fa Sergio Marchionne, con una frase ormai divenuta celebre, ha sintetizzato così le «distanze» prese in più occasioni dal numero uno di General Motors, Mary Barra, rispetto a una qualsiasi ipotetica alleanza tra Fca e il colosso General Motors. Un lungo corteggiamento, quello avvenuto nel corso del 2015, fatto di mail, richieste di incontri e mediazioni che non hanno portato alcun risultato. La posizione di Mary Barra non si è mai spostata di una virgola: «Abbiamo delineato un piano complessivo che ci porta alla metà del prossimo decennio, siamo già una delle principali aziende al mondo e non considereremo nulla che possa distrarci dai nostri progetti», dichiarava il ceo di Gm nel pieno delle voci che indicavano il gruppo statunitense come partner ideale di Fca.

Oggi, a distanza di tre anni da quel caffè mai preso in considerazione da Barra, Marchionne ha dalla sua due, importanti, numeri che fanno la differenza. Dalla fine del 2014 a oggi General Motors ha «arrotondato» del 26% quei 34 euro di tre anni fa, e quota oggi intorno ai 44 euro. Nello stesso arco di tempo Fiat Chrysler Automobiles è passata da un prezzo di 6,26 euro ai 19,6 euro segnati questa mattina. Tradotto: il 205 per cento. Oggi Fca capitalizza 30 miliardi, tre anni fa non arrivava a 10. Nell’esercizio dei numeri vale la pena ricordare che se alla fine del 2014 l’intero valore del gruppo italo americano pesava per il 20% sulla capitalizzazione di General Motors, oggi quel rapporto sale al 50% tondo. Una crescita di valore clamorosa, generata non solo in Borsa, ma anche tra le righe di bilancio con un gruppo sempre più concentrato sul segmento Premium e che, se nel pieno del corteggiamento a Gm faceva i conti con un debito industriale di 7,6 miliardi, a fine anno punta a un valore inferiore a 2,5 miliardi per poi azzerarlo totalmente nel 2018.

Il confronto in Borsa con altri partner di spicco, più volte chiacchierati sul mercato e sondati dal manager italo canadese, è più o meno degli stessi toni. Basta guardare le quotazioni di Volkswagen, che in tre anni ha visto il titolo fermo e intorno a 180 euro. Ma se in questo caso il bilancio borsistico si spiega con lo scandalo Dieselgate, nel caso Gm la comparazione di Borsa resta assai significativa. Tanto più che, secondo gran parte delle case d’affari, Fca non è affatto sopravvalutata a questi valori. E potrebbe crescere ancora. Per Jp Morgan fino a 21, così come per Barclays, solo per citarne alcune.

Insomma, almeno sul mercato, Marchionne stravince rispetto ai due colossi da 10 milioni di auto (Gm e Volkswagen) con i quali il numero uno di Fca si sarebbe accasato volentieri. E probabilmente con questo spirito il manager domani, in occasione del salone di Detroit, darà una prima, parziale, indicazione su cosa ha in mente per il futuro di Fca.

Gli obiettivi di bilancio sono confermati, con i target per l’intero 2017 che vedono ricavi netti attesi tra 115 e 120 miliardi di euro, un Ebit adjusted oltre 7 miliardi, un utile netto adjusted di oltre 3 miliardi e un indebitamento netto industriale inferiore a 2,5 miliardi. Il tutto sempre nell’ottica di raggiungere entro il 2018 l’obiettivo finanziario principale di Fca, ovvero azzerare l’indebitamento netto industriale. Ma il dossier delle alleanze resta quello più chiacchierato sul mercato, con la sensazione che prima di firmare il suo ultimo bilancio come capo azienda del gruppo automobilistico, Marchionne avvierà la macchina del consolidamento per poi lasciare al suo successore gli aspetti operativi. Ma quale sarà la sua scaletta di azione? Punterà prima a estrarre nuovo valore dal gruppo automobilistico, o procederà in tempi rapidi direttamente al grande salto dimensionale?

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Queste e molte altre domande probabilmente troveranno risposta nel piano industriale al 2020 che sarà presentato a giugno, l’ultimo del manager italo canadese che resterà comunque in Exor e Ferrari. Le opzioni, sulla carta, sono tante. Assodata la ormai prossima quotazione di Magneti Marelli e di Comau(con una valutazione che in ambienti finanziari viene calcolata tra i 4 e i 5 miliardi), restano da capire i tempi di un eventuale scorporo di Alfa Romeo-Maserati. E ancora: se, come qualche banca d’affari ha suggerito, si possa immaginare una autonomia di Jeep e Ram che, secondo Morgan Stanley, nascondono un valore superiore a 22 euro per azione. Marchionne ha più volte sottolineato che le divisioni Jeep e Ram potrebbero essere entità autonome come Ferrari, ricorda Morgan Stanley, anche se il gruppo non ha reso noto un piano per separarle.

In attesa di risposte, restano agli atti i numeri di Borsa. Che, nel gioco delle alleanze, hanno un peso.

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