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Fca vicina al big deal? Ecco i possibili partner

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La conglomerata dell’auto al bivio

Fca vicina al big deal? Ecco i possibili partner

È stata una settimana di costante crescita del titolo Fca al punto che gli esperti di Jp Morgan hanno aggiornato la stima del prezzo obiettivo a oltre 21 euro. Uno dei risultati è stato che all’orizzonte arrivano nuovi rumors su un possibile accordo con la prospettiva di una fusione o anche una vera e propria scalata del gruppo italo-americano. Del resto i titoli di Fca hanno segnato un progresso del 2,37% portandosi stabilmente sopra il livello record di 17 euro a 17,25 euro. Da inizio anno le quotazioni della società sono lievitate di oltre il 15%, dopo i guadagni da incorniciare del 2017 quando, con il balzo del 73%, Fca ha vantato la performance migliore del listino milanese.

Novità particolari in grado di giustificare la performance stellari delle ultime sedute non sono emerse. Anzi: i dati sulle immatricolazioni di dicembre, annunciati nei giorni scorsi, non riescono proprio a spiegare i rialzi delle azioni, dal momento che nei Paesi chiave di Italia e Stati Uniti la società ha fatto peggio del mercato, accusando un ribasso del 13,9% nel nostro Paese e dell’11% Oltreoceano. Il gruppo ha giustificato lo scivolone delle vendite negli States con la nuova strategia che punta a ridurre gli accordi con le società di noleggio, poco redditizi. D’altra parte gli investitori iniziano a supporre che l’ad Sergio Marchionne stia progettando qualche grande operazione nel suo ultimo anno di mandato. Qualche novità sulla strategia della casa auto potrebbe emergere la prossima settimana, quando aprirà i battenti il Salone dell’auto di Detroit. L’appuntamento più importante, comunque, sarà a giugno, quando Fca presenterà alla comunità finanziaria il progetto industriale fino al 2022. Nell’occasione verrà probabilmente indicato anche il successore di Marchionne che tuttavia rimarrà alla plancia di comando sia di Exor che (soprattutto) della Ferrari.

Hyundai è un partner ideale
Di un big deal tra Fca e Hyundai si è parlato più volte, con rumors iniziati questa estate di un possibile fidanzamento tra il gruppo italo-americano e quello coreano che controlla anche il marchio Kia. Le voci puntualmente smentite si sono poi rifatte sentire a dicembre, quando Marchionne, a margine della presentazione del team Alfa Romeo F1 Sauber, rispondendo a una domanda diretta del Sole 24 Ore, ha dichiarato che con il gruppo coreano è in atto una partnership tecnica relativa a trasmissioni e sistemi di illuminazione: «Abbiamo già una collaborazione tecnica con Hyundai. Compriamo dei componenti da loro, tra i quali delle trasmissioni che usiamo in America. Vediamo se riusciamo a trovare altri punti di accordo, specialmente sullo sviluppo delle trasmissioni e dell’idrogeno».

Hyundai ha smentito che ci siano contatti per un’alleanza e Marchionne ha ribadito al Sole 24 Ore che non si prospetta una fusione. Tuttavia un’ipotetica integrazione tra Fca e Hyundai è stimolante, automobilisticamente parlando. Il gruppo Hyundai Motor, attualmente al quinto posto nella classifica mondiale dei costruttori, potrebbe diventare infatti il primo car maker del mondo fondendosi con quello guidato da Marchionne. La possibilità di un eventuale interesse del gigante di Seul era apparsa in estate su alcuni media specializzati nell’automotive e non appare infatti priva di senso logico, al contrario della sola cessione di Jeep ai cinesi paventata nei rumors estivi.

L’ipotesi di una fusione sul Pacifico (già ventilata durante l’estate) è intrigante per una serie di motivi. Hyundai Motor Company fa parte di un chaebol, cioè un mega gruppo multisettoriale che ha accesso facilitato non solo a grandi risorse finanziarie, ma anche a tecnologie di punta (robot industriali ed elettronica, per esempio) e persino (questo è un punto chiave) a materie prime come l’acciaio. Hyundai Steel, che è integrata in Hyundai Motors, è una vera major dell’acciaio. Avere la materia prima in casa è un grande asset per una casa automobilistica.

Per quanto riguarda il prodotto, un patto tra Hyundai e Fca potrebbe fare del bene a entrambi. Da una parte i coreani dispongono di piattaforme moderne, più attuali e sofisticate di quelle di Fca, motori di concezione moderna, soluzioni green che spaziano dall’ibrido all’elettrico, dal gas fino all’idrogeno. Inoltre i coreani esibiscono una gamma di modelli di ultima generazione che coprono molti segmenti e in particolare quello, cruciale, dei suv. Tuttavia i due marchi coreani, a dispetto della qualità dei prodotti cresciuta enormemente in pochi anni scontano un’immagine ancora poco appetibile in alcuni mercati. E per crescere in immagine ci vuole tempo e tanti soldi. Fca ha in portafoglio marchi di grande rilevanza: Jeep, Alfa Romeo e Maserati in primis.

Hyundai vanta una copertura commerciale globale: Hyundai e Kia sono forti anche negli Usa, centri di ricerca e di design in tutto il mondo come quello tedesco di Rüsselsheim in Germania, nella cittadella di Opel, e fabbriche diffuse globalmente, anche in Europa a Žilina in Slovacchia e a Nošovice nella Repubblica Ceca. Sono questi gli ulteriori punti a favore di un’ipotetica alleanza tra le due case d’auto che riguarderebbe anche i veicoli commerciali.

Insomma, i presupposti di sinergie tra i brand americani, italiani e coreani ci sono. E ora Marchionne rilancia sull’idrogeno. Finora il numero uno di Fca era stato tiepido e a tratti critico verso l’elettrificazione con ioni di litio. Adesso, invece, apre alle auto a celle a combustibile ed è un settore dove Hyundai è molto forte. Quello delle auto elettriche alimentate da fuel cell è un campo dove è attiva soprattutto Toyota: da anni fa sembrava essere promettente, ma finora gli sforzi delle case si sono scontrate con le difficoltà nel produrre e stoccare l’idrogeno.

L’ipotesi Gm
C’è sempre General Motors sull’orizzonte di Fca, anche se niente è stato deciso per un’eventuale aggregazione sull’asse Torino-Detroit. L’ad di Fca ha spiegato più volte che Gm è quella che dà più opportunità tra tutte quelle che ci sono e che si monitorizzano, segnatamente in un contesto - quello della produzione automobilistica mondiale - che è in continuo cambiamento, con riflessi forti sulle politiche dei diversi gruppi. Tuttavia su Gm decisioni e tempistica sarebbero tutte da decidere, non escludendo nulla. Si può fare tutto nel mondo ma Fca oggi ha un piano chiaro e dettagliato fino al 2018. Andarsi a creare un nuovo impegno richiederebbe mesi di lavoro. E comunque, alla domanda se sarà deciso qualcosa con Gm entro il 2018, Marchionne ha sempre risposto così: «Di sicuro se succede, a porterla a termine sarà qualcun altro, non certamente io». Da sottolineare, infine, che un eventuale accordo con Fca consentirebbe a Gm di rientrare sul mercato europeo, abbandonato dopo la vendita di Opel.

La diffidenza di Volkswagen
Su un eventuale accordo col gruppo Volkswagen, più volte interrogato, lo stesso Marchionne ha spiegato che tutto dipende dalla controparte. Secondo il ceo, la crisi conseguente al dieselgate del gruppo Volkswagen non è destinata a modificare le posizioni. Lo scenario potrebbe cambiare se ai vertici del gruppo tedesco dovesse arrivare un manager che fosse meno interessato al prodotto come oggi è Matthias Müller, ex Porsche, e più invece alla finanze in senso lato, in stile Marchionne, insomma. Ma al momento un cambio al vertice non è per nessun motivo ipotizzato anche se non è da escludere a priori, soprattutto nel lungo periodo.

Tuttavia a Vw interessano pochi marchi di Fca, Alfa Romeo in particolare lungamente corteggiata in passato oltre a Jeep per l’internazionalità del brand. Senza contare che le piattaforme del gruppo Vw sono più moderne e funzionali rispetto a quelle di Fca. L’ipotesi di fusione col gruppo Volkswagen sarebbe a dire poco affascinante, ma la naturale diffidenza dei tedeschi nei confronti degli italiani di sicuro non aiuta. Ai tedeschi però potrebbe servire per garantire una maggiore presenza, grazie al contributo di Chrysler, negli USA, dove continuano ad avere dei problemi.

Psa non è da escludere
Da diversi anni i due gruppi hanno avviato una collaborazione utile per entrambi, ma i rapporti di recente si sono raffreddati. Le tecnologie francesi, ora abbinate a quelle di Opel, sono fra le più avanzate in vari settori. Un esempio sono i Suv di Peugeot che sono la base dei nuovi «sport utility» di Opel.

Inoltre Psa ha oggi un valido amministratore delegato, Carlos Tavares, che non solo è riuscito a superare i problemi del passato, ma ha anche centrato finalmente dei bilanci in ordine. Psa, inoltre, ha accordi produttivi con Bmw e Toyota, mentre ha allentato negli ultimi anni i legami con Fiat. Il gruppo francese ha al suo interno tre soci forti che detengono il 13,7% ciascuno: la famiglia Peugeot, lo Stato francese e i cinesi della Dongfeng Motor, ma soprattutto deve mettere a punto l’acquisizione di Opel, con l’ambizioso piano programmatico Pace, avviato, ma che entrerà nel vivo nei prossimi mesi; di conseguenza non ci sarebbero spazi e prospettive per un accordo con Fca. Da considerare, infine, l’evidente sovrapposizione delle gamme di prodotto che sconsigliano un matrimonio fra i due gruppi, ma a pesare sarà anche l’ambizione di Tavares, che punta ai vertici del mercato europeo.

L’ipotesi Ford
Di sicuro alla Ford sono interessati a valorizzare in chiave più internazionale i marchi premium, Alfa Romeo e Maserati, del gruppo Fca anche se in passato decisero di gettare la spugna con Jaguar e Land Rover e non solo, per l’evidente incapacità di gestire al meglio i due brand. Impresa, poi, riuscita agli indiani di Tata. Sarebbero, inoltre, possibili grandi sinergie fra le varie gamme e un’eventuale fusione costituirebbe una forte presenza in tutti i continenti. C’è già stato, in passato, un accordo per produrre insieme la 500 e Ka, in Polonia, che una volta esauritosi non ha più avuto un seguito. L’opzione della fusione con Ford non sembra per ora trovare sostenitori, soprattutto all’interno del gruppo americano, che negli ultimi anni ha preferito disfarsi di marchi satelliti per concentrarsi sul core business di Ford. Ma tutto potrebbe accadere. Da tenere conto che la Ford è controllata dalla famiglia che, pur non avendo molte azioni in mano, detiene circa il 40% dei diritti di voto: l’arrivo di un nuovo socio forte romperebbe gli attuali equilibri. Fra gli ostacoli a un possibile accordo le possibili sovrapposizioni, specie nell’area europea e in particolare coi modelli Fiat.

L’opzione cinese
Sono molti i costruttori emergenti in Asia, specie in Cina. I più noti sono Dongfeng, Geely e Great Wall: tutti hanno acquisito nel tempo grandi potenzialità produttive oltre a cominciare ad avere dei buoni livelli tecnologici. Le sinergie, insomma, potrebbero esserci e soprattutto non mancano le disponibilità economiche, ma la collaborazione con Fca al momento non sembra andare oltre accordi finanziari o produttivi, nonostante siano vari i gruppi automobilistici cinesi che potrebbero comprarsi l’intera Fca. L’impressione è che molti siano più interessati ai pezzi pregiati del gruppo italoamericano, come Jeep, ma anche il polo del lusso rappresentato da Alfa Romeo e Maserati, meno al resto, che finirebbe per sovrapporsi alla gamma, anche se consentirebbe un’immediata presenze sul mercato europeo, da sempre uno degli obiettivi perseguiti dalle case cinesi.

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