Dopo Telecom, anche Vivendi ricorre contro il primo decreto golden power, quello relativo a difesa e sicurezza nazionale. Lo fa nell'ultimo giorno utile per inoltrare il ricorso al Capo dello Stato, una modalità che, a differenza del ricorso al Tar (il termine è stato lasciato scadere senza presentare opposizione) non ammette appello al Consiglio di Stato. Di fatto ad occuparsene sarà sempre la suprema corte amministrativa e, secondo gli addetti ai lavori, ci vorrà un annetto prima di arrivare a sentenza. Il gruppo francese, che ha il 23,9% di Telecom Italia, è intervenuto a supporto della partecipata, che ha già presentato ricorso a gennaio.
Ma l'iniziativa è presentata come una “mossa tecnica”, in qualche modo dovuta anche nei confronti degli azionisti, e non come un attacco al Governo che ha esercitato i poteri speciali, con il quale si vuole mantenere invece un dialogo aperto.
Vivendi, a differenza di Telecom, non rischia la multa per la tardiva notifica del cambio di controllo, né è tenuta a riorganizzare la sua struttura per adempiere alle prescrizioni del decreto. Tuttavia, di fatto, è come se avesse acquistato un immobile libero e ora rischi invece di ritrovarselo con la “servitù di passaggio”, con possibili riflessi sul valore del bene.
Il termine per il ricorso alla Presidenza della Repubblica contro il secondo decreto golden power (asset strategici di interesse nazionale), meno problematico nell'interpretazione, scade invece il prossimo 2 marzo.
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