Il commissario Consob, Carmine Di Noia, l’ha definito il «bazooka» che la direttiva Mifid 2 ha dato alle Autorità di vigilanza. Ieri l’Esma, cioè la Consob europea, l’ha usato per la prima volta: facendo leva proprio sui nuovi poteri di intervento, ha vietato la vendita ai piccoli risparmiatori delle «opzioni binarie» e ha posto limiti stringenti alla commercializzazione dei «contract for differences» (Cfd). In base alle normative, questo blocco è valido per tre mesi prorogabili. E riguarda l’intera Europa, Gran Bretagna inclusa (fino alla sua uscita).
Tra tre mesi si vedrà se la misura verrà prorogata, ma in ogni caso è evidente che le Consob europee hanno dichiarato guerra a questi strumenti altamente speculativi e troppo spesso venduti in maniera fraudolenta via Internet. Il «bazooka» è carico contro prodotti finanziari che - dati alla mano - hanno causato perdite ai risparmiatori nel 74-89% dei casi, con passivi medi che vanno da 1.600 a 29mila euro. Le «opzioni binarie» sono pure scommesse, effettuate in un arco temporale brevissimo anche di soli 30 secondi, attraverso cui il risparmiatore punta sul rialzo o sul ribasso di un indice, di una valuta o di quant’altro. Se vince la scommessa, guadagna generalmente l’80%. Se invece l’indice si muove nella direzione opposta da quella sperata, perde tutto. Il rischio è dunque elevato. Anche perché in caso di vittoria si guadagna meno di quanto non si perda in caso di sconfitta: paradossalmente se un risparmiatore vincesse 10 volte e perdesse 10 volte puntando la stessa cifra, alla fine il saldo del suo “investimento” sarebbe negativo. I Cdf, invece, sono contratti derivati che consentono di speculare al rialzo o al ribasso su valute, indici o quant’altro con un effetto leva. Questo significa che con i Cfd si può perdere molto più di quanto investito. Per questo l’Esma ha posto dei limiti alla leva (cioè al moltiplicatore delle perdite) e imposto dei meccanismi automatici per limitare le perdite in caso di repentino cambio di rotta dei mercati, pur non vietandone l’uso come nel caso delle «opzioni binarie».
Il problema con questi prodotti non è solo la loro struttura e la loro rischiosità. Ma soprattutto il modo con cui talvolta vengono venduti. Capita infatti che vengano proposti ai risparmiatori con un marketing aggressivo via Internet o via telefono, con proposte allettanti che ingigantiscono i guadagni potenziali e tacciono i rischi. Il più delle volte vengono venduti da piattaforme di trading online con sede a Cipro o a Londra, talvolta abusive e non autorizzate. Le Autorità in tutta Europa periodicamente ne fanno chiudere alcune. In Italia attualmente questi strumenti sono venduti da 2 operatori italiani regolarmente autorizzati dalla Consob, da 4 stranieri con succursale italiana (che hanno obblighi di trasmissione dati alla Consob) e poi da una quantità incalcolabile di operatori esteri che operano in regime di «libera prestazione di servizi» (autorizzati dalle Autorità dei loro Paesi d’origine). Questo significa che in caso di contestazioni o di azioni legali, un risparmiatore dovrebbe andare a Cipro o nel Paese d’origine. Infine c’è un ulteriore problema per i Cfd: essendo a leva, molto spesso è la stessa piattaforma di trading a prestare i soldi al risparmiatore.
Per questo da tempo molte Autorità di Vigilanza europee (inclusa la Consob Italiana) cercano di limitare il fenomeno. Ma fino al 2017 non avevano grandi poteri per farlo. Dal 2018, grazie alla direttiva Mifid 2 che ha introdotto la possibilità di bloccare preventivamente dei prodotti per risparmiatori, i poteri sono aumentati. Così l’Esma è partita all’attacco. Il blocco per le «opzioni binarie» e le limitazioni per i Cfd saranno operative non appena le misure dell’Esma saranno tradotte in tutte le lingue, dunque tra qualche settimana.
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