Proprio mentre la Banca centrale europea “stringe” sui crediti deteriorati, per l’Italia arriva una buona notizia: il tasso di insolvenza delle imprese italiane è sceso nel dicembre 2017 al 3,9% (dal 5,8% del dicembre 2015 e dal 7,9% del 2009), mentre il tasso di default delle famiglie è calato all’1,7% dal 2,3% del 2015. Livelli addirittura inferiori a quelli registrati prima della crisi. E, salvo shock imprevisti sull’economia, la situazione dovrebbe rimanere stabile anche nei prossimi anni: il rischio insolvenza delle imprese dovrebbe infatti stabilizzarsi intorno al 4% e quello delle famiglie all’1,6% almeno fino alla fine del 2019.
Il calcolo sul passato e la stima sul futuro arriva da Crif, la Centrale Rischi Finanziari che censisce oltre 85 milioni di posizioni creditizie di famiglie e imprese italiane. Dati che tranquillizzano: minori insolvenze tra le imprese e le famiglie significano maggiore benessere nella società civile e minori crediti deteriorati nei bilanci delle banche. Dunque maggiore credito potenziale per l’economia reale. Insomma: un circolo potenzialmente virtuoso.
La selezione darwiniana
I motivi per cui oggi la situazione è migliorata, rispetto agli anni passati, sono molteplici. Il primo è legato a quella che Crif definisce una «selezione darwiniana delle imprese»: la violenta crisi che ha colpito l’Italia nel 2009 e poi a partire dal 2011 ha infatti causato un forte aumento delle insolvenze, che hanno selezionato le aziende. Le più deboli sono scomparse dal mercato, mentre quelle più forti oggi hanno uno stato di salute sufficientemente buono.
Il secondo motivo è legato al miglioramento dell’economia: Crif si aspetta infatti una crescita annua del valore della produzione superiore al 3% «per la quasi totalità dei settori dell’economia», la tenuta della redditività delle aziende e la stabilizzazione del processo di deleveraging. «Anche le famiglie - si legge nello studio - beneficeranno di questo contesto economico più favorevole». Per questo le stime future - elaborate con modelli econometrici proprietari - mostrano una stabilizzazione dei tassi di default.
Il sollievo per le banche
«Le previsioni di crescita di ricavi e profittabilità su tutti i settori stanno abbassando i tassi di default, innestando un circolo virtuoso di cui potrà beneficiare in primis il sistema bancario - spiega Giorgio Costantino, executive director management consulting & solutions di Crif -. Questo avrà ricadute positive su una rinnovata espansione creditizia e su un possibile effetto moltiplicatore sull’economia reale». «Questo scenario favorevole - aggiunge però Cristina Caprara, senior project expert di Crif Credit Solutions - è potenzialmente minacciato da possibili rischi sistemici, da tensioni geopolitiche, da evoluzioni sfavorevoli delle politiche economiche internazionali o dal rischio di improvvisi rialzi dei tassi d’interesse».
Lo scenario peggiore
Per questo il Crif ha provato ad aggiustare le sue previsioni future sulla base di un ipotetico scenario «fortemente sfavorevole» (lo stesso costruito dall’Eba per effettuare i suoi stress test sui conti delle banche), che prevede per la fine del 2019 una crescita della disoccupazione all’11,9% e una contrazione del Pil pari all’1,5%. Ebbene: qualora si materializzasse proprio questo scenario sfavorevole, allora il tasso di default delle imprese potrebbero tornare al 5,8% (cioè sui livelli conosciuti durante la crisi) e quello delle famiglie al 2,2%. Ma questo è solo lo scenario peggiore. Non previsto da Crif. Per ora la situazione - salvo shock - è in miglioramento.
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