L’alluminio targato Rusal scotta dopo le ultime sanzioni americane contro Mosca. Il London Metal Exchange, che in prima battuta aveva assicurato di non voler cambare le specifiche del metallo consegnabile, ieri ha fatto marcia indietro: dal 17 aprile il marchio russo sarà «temporaneamente sospeso» dalla lista di quelli approvati dalla borsa londinese. La decisione ha provocato un nuovo balzo di quasi il 5% delle quotazioni dell’alluminio, fino a 2.242 $/tonnellata, il massimo da oltre due mesi.
Il Lme spiega di aver cambiato la sua posizione spinto dalle preoccupazioni di diversi operatori di mercato, che temevano che il ritiro di alluminio russo «potesse metterli a rischio di violare sanzioni». La conseguenza avrebbe potuto essere un accumulo eccessivo di scorte, con potenziale distorsione dei prezzi. La durezza delle misure adottate da Washington contro Oleg Deripaska e il suo impero dell’alluminio ha indotto a muoversi con cautela persino Glencore. Il gigante svizzero delle materie prime, che non si è mai lasciato intimidire facilmente dalle sanzioni, ieri ha annunciato le dimissioni del suo ceo Ivan Glasenberg dal board di Rusal e accantonato il piano (peraltro non vincolante) per scambiare la partecipazione dell’8,75% in quest’ultima con una quota di En+, la holding di Deripaska quotata a Londra.
«Per ora non procederemo con la transazione», ha affermato Glencore, recuperando una parte dei ribassi che aveva accusato lunedì in Borsa. Il titolo, che era scivolato ai minimi da 4 mesi sul listino britannico, ieri ha chiuso a 346,50 pence (+2,2%). «Glencore – prosegue il comunicato – si impegna a rispettare tutte le sanzioni applicabili al suo business e sta prendendo tutte le misure necessarie per mitigare ogni rischio».
La società di Baar non ha ancora detto che cosa intende fare del contratto, in scadenza quest’anno, grazie al quale commercializza volumi importanti di alluminio per conto di Rusal. Nel 2017 il valore della merce ammontava a 2,4 miliardi di dollari.
La compravendita di metallo dalla società russa – primo produttore non cinese di alluminio, con 3,7 milioni di tonnellate l’anno scorso – è un’attività che potrebbe sollevare problemi con le nuove sanzioni, che in teoria possono punire anche i soggetti non americani se «facilitano transazioni significative» con gli individui e le società incluse nella blacklist. Qualunque operazione finanziaria è in ogni caso diventata difficile, perché le banche occidentali esitano a lasciarsi coinvolgere, ad esempio concedendo lettere di credito. Almeno cinque tra le maggiori società di trading, riferiscono fonti Bloomberg, avrebbero già sospeso gli acquisti da Rusal su consiglio di banche e uffici legali.
Glencore non ha troppa carne al fuoco: subirebbe al massimo un miliardo di dollari di perdita, stima Bernstein Research, se il valore della quota in Rusal si azzerasse e i volumi di trading fossero perduti e mai rimpiazzati, scenario improbabile perché la società svizzera possiede anche il 47,5% di Century Aluminum, il secondo produttore di alluminio Usa dopo Alcoa, tra i maggiori beneficiari delle sanzioni e dei dazi di Donald Trump.
La presa di distanza da Deripaska colpisce comunque in modo particolare, alla luce del “curriculum” di Glencore, che aveva fatto affari in Sudafrica ai tempi dell’apartheid, in Iraq durante il regime di Saddam Hussein ed è oggi il maggior produttore di rame e cobalto nella Repubblica democratica del Congo. Il fondatore del gruppo, di cui Glasenberg è il delfino, è il celebre e spregiudicato Marc Rich, amnistiato da Bill Cinton nel 2001 dai reati federali di evasione fiscale e violazione delle sanzioni contro l’Iran durante la crisi degli ostaggi, nel 1979-80.
I legami con la Russia di Putin sono molto stretti. Glencore è azionista anche di Rosneft e ne conserverebbe lo 0,5% (oltre al diritto a commercializzare 400mila barili al giorno di greggio) anche dopo la cessione, ormai in dubbio, alla cinese Cftc di gran parte della quota del 14,2% che possiede insieme al fondo sovrano del Qatar. Glasenberg stesso ha ricevuto dalle mani di Putin l’onorificenza dell’Ordine dell’amicizia.
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