La minaccia di sanzioni americane contro la Russia ha colpito nel segno. Oleg Deripaska, il “re dell’alluminio” russo al centro dell’ultima, pesante ondata di restrizioni annunciate dal Tesoro Usa il 6 aprile scorso, ha ceduto. Di fronte alla prospettiva di mandare alla rovina il proprio impero, che di fatto le sanzioni si propongono di isolare sia dal sistema finanziario occidentale che dai mercati globali dell’alluminio, l’oligarca ha accettato di dimettersi dal consiglio d’amministrazione della holding, EN+, e di cederne il controllo portando dal 65 a meno del 50% la propria partecipazione.
A sua volta, EN+ Group detiene il 48,13% di Rusal, secondo produttore mondiale di alluminio dopo la Cina e primo in Russia. Il 23 aprile scorso il segretario al Tesoro americano Steven Mnuchin aveva lasciato intendere che il “prezzo” per cancellare Rusal dall’elenco delle compagnie russe sanzionate sarebbe stata l’uscita di scena di Deripaska.
L’oligarca, coinvolto nello scandalo delle presunte interferenze russe negli Usa per i suoi legami con Paul Manafort,l’ex responsabile della campagna presidenziale di Donald Trump, è il primo nella lista nera del Tesoro americano. Che ora dovrà far sapere se il passo indietro di Deripaska è sufficiente: è anche da chiarire il significato esatto della dichiarazione con cui EN+, annunciando la decisione alla London Stock Exchange dove la holding è quotata, scrive che Deripaska «ha accettato in linea di principio la richiesta di portare sotto il 50% la propria partecipazione nella compagnia». Inoltre, chi potrebbe subentrare?
Nel nuovo board di EN+, presieduto dall’ex ministro britannico dell’Energia Greg Barker (che diversamente da altri membri del consiglio non aveva abbandonato la barca nei giorni scorsi) entreranno nuovi dirigenti “indipendenti”, senza legami con l’oligarca. EN+, che nel novembre scorso debuttò a Londra con una Ipo che ha raccolto 1,5 miliardi di dollari, rinuncia anche ai propri diritti sulla gestione di Rusal. Un accordo tra i maggiori azionisti di Rusal (l’oligarca Viktor Vekselberg e il trader anglo-svizzero Glencore) affida infatti a EN+ Group il ruolo di azionista di controllo malgrado la quota sia del 48,1%.
Nel nuovo board di EN+, presieduto dall’ex ministro britannico dell’Energia Lord Greg Barker (che diversamente da altri membri del consiglio non aveva abbandonato la barca nei giorni scorsi) entreranno nuovi dirigenti “indipendenti”, senza legami con l’oligarca. EN+, che nel novembre scorso debuttò a Londra con una Ipo che ha raccolto 1,5 miliardi di dollari, rinuncia anche ai propri diritti sulla gestione di Rusal. Un accordo tra i maggiori azionisti di Rusal(l’oligarca Viktor Vekselberg e il trader anglo-svizzero Glencore) affida infatti a EN+ Group il ruolo di azionista di controllo malgrado la quota sia del 48,1%.
Se i due nomi, EN+ e Rusal, sono entrambi nella lista del Tesoro americano insieme ad altre sei compagnie dell’impero Deripaska, in questi giorni è stata soprattutto Rusal a fare notizia, per la tempesta che si è abbattuta sui mercati globali dell’alluminio e per l’impatto che avrebbe avuto l’idea di isolare una compagnia quotata in Borsa, orientata all’export, strettamente integrata nella filiera globale dell’alluminio da cui dipendono multinazionali, fabbriche e raffinerie in 12 Paesi e produttori che improvvisamente hanno dovuto affrontare la prospettiva di un deficit del metallo, e prezzi altissimi. Dal 6 aprile, mentre in Borsa crollavano i titoli di EN+ e Rusal,i prezzi dell’alluminio sono aumentati di un terzo. Per poi invertire la rotta il 23 aprile, quando il Tesoro è sembrato allentare i termini delle sanzioni lasciando più tempo a partner americani e no - fino a ottobre - per concludere i contratti in essere con il produttore di alluminio: ieri i prezzi hanno continuato a scendere, perdendo il 2,2% al London Metal Exchange dove una tonnellata di alluminio è quotata ora 2.225 dollari.
Rivolgendosi all’Office of Foreign Assets Control - responsabile per il rispetto delle sanzioni al Tesoro americano - la holding di Deripaska ha fatto anche richiesta di proroga al 31 ottobre della scadenza del 7 maggio: il termine entro il quale l’Ofac ordinava agli investitori americani di concludere ogni rapporto finanziario con Rusal ed EN+, vendendo qualunque forma di titolo azionario o obbligazionario in loro possesso. La scadenza più immediata: per la prima volta, sanzioni che finora si erano limitate a impedire nuove emissioni di debito - come nel caso delle sanzioni settoriali alla Russia per la crisi ucraina - ora andrebbero a colpire anche assets esistenti.
EN+ ora chiede a Washington «una risposta urgente»: senza una proroga - scrive la compagnia russa - la possibilità di mantenere il proprio programma alla Borsa di Londra «verrebbe materialmente condizionata».In seguito alle decisioni del Tesoro infatti Citibank,depositaria delle azioni di EN+ a Londra espresse in GDR (Global Depositary Receipts)aveva sospeso all’inizio di aprile tutte le transazioni. Ma anche tagliare i ponti ora è problematico per gli azionisti perché gli stessi intermediari per il clearing, Euroclear e Clearstream, a loro volta preoccupati di violare l’ordinanza del Tesoro, hanno smesso di trattare le azioni di EN+. Così un azionista non può neppure disinvestire entro i termini, come richiesto. Mentre alla London Stock Exchange spetterebbe decidere se cancellare il listing di EN+ - decretando anche la fine degli scambi effettuati a Mosca - o dare alla holding di Deripaska la possibilità di andare avanti.
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