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Iran e Venezuela spingono il petrolio ai massimi da 3 anni

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BRENT E WTI

Iran e Venezuela spingono il petrolio ai massimi da 3 anni

Lavoratori della compagnia di Stato venezuelana Pdvsa (Reuters)
Lavoratori della compagnia di Stato venezuelana Pdvsa (Reuters)

L’allarme per le forniture dall’Iran e dal Venezuela continua a far correre le quotazioni del petrolio. Anche il Wti oggi ha superato la soglia psicologica dei 70 dollari al barile, mentre il Brent è arrivato a toccare quota 76 dollari. Entrambi i riferimenti sono ai massimi da novembre 2014 e rischiano di apprezzarsi ulteriormente nei prossimi giorni.

Il conto alla rovescia verso un ritorno delle sanzioni Usa contro l’Iran – la terza potenza petrolifera dell’Opec, superata solo da Arabia Saudita e Iraq – è ormai quasi terminato: il presidente Donald Trump deciderà sabato se e come tornare a “punire” la Repubblica islamica, una scelta che minaccia di sottrarre al mercato barili di greggio che oggi sono tornati ad essere particolarmente preziosi visto che l’offerta non è più eccessiva rispetto alla domanda.

Venezuela all’angolo
Ad accentuare le tensioni sul prezzo del petrolio c’è anche la situazione in Venezuela, che si sta facendo sempre più disperata. La compagnia americana ConocoPhillips, dopo aver vinto un arbitrato internazionale per gli espropri subiti nel 2007 per mano di Caracas, starebbe ora cercando il sequestro di beni di Pdvsa per 2 miliardi di dollari, scrive la Reuters. A rischio sono gli impianti caraibici della società statale venezuelana – siti di stoccaggio e di lavorazione del greggio indispensabili per le esportazioni, situati nelle isole di Curacao, Bonaire e St. Eustatius – ma anche i carichi già pronti per la spedizione: asset facilmente liquidabili e dunque molto appetibili per i creditori. Il rischio imminente di sequestri venerdì avrebbe spinto Pdvsa a ordinare il rientro nei porti di alcune petroliere, in attesa di nuove istruzioni.

La produzione petrolifera del Venezuela, travolto da una gravissima crisi economica e umanitaria, è oggi di 1,5 milioni di barili al giorno. Dal 2015 il calo è stato di circa un milione di barili al giorno: secondo molti analisti ben più di quanto si perderebbe con il ritorno delle sanzioni Usa contro l’Iran.

La variabile iraniana
Nel 2012 anche l’Unione europea aveva adottato misure contro Teheran, ma stavolta non dovrebbe succedere: Francia e Germania hanno detto chiaramente che considerano rispettato l’accordo sul nucleare, di cui al massimo potrebbero discutere eventuali modifiche. D’altra parte Washington potrebbe anche imporre sanzioni extra-territoriali, per costringere il resto del mondo a collaborare, come ha fatto nel caso della russa Rusal. In alternativa potrebbe complicare le transazioni finanziarie con Teheran al punto da scoraggiare anche gli europei. Sono anche queste incertezze a complicare le previsioni sul potenziale impatto in termini di esportazioni petrolifere: le stime degli analisi vanno da una perdita di 300-400mila bg fino a 1 mbg e più nelle ipotesi più pessimiste.

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