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Mps come banca pubblica «di servizio» spaventa gli investitori

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IL PIANO M5S-LEGA

Mps come banca pubblica «di servizio» spaventa gli investitori

Claudio Borghi della Lega Nord e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan
Claudio Borghi della Lega Nord e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan

Nel contratto di Governo tra Lega e M5s è previsto che lo Stato non esca dal capitale di Mps e «che provveda alla ridefinizione della mission e degli obiettivi dell’istituto di credito in un’ottica di servizio». A spiegare cosa intende la futura coalizione di Governo per «ottica di servizio» è stato ieri l’economista della Lega Claudio Borghi che, in un colloquio con Reuters, ha precisato che «ottica di servizio significa che tutte le sedi di Mps nelle valli che erano molto utili per l’economia della popolazione toscana, e che in un’ottica di puro e crudo profitto è stato previsto di chiudere, verranno tenute per far sì che la banca faccia un servizio ai cittadini».

La chiusura delle filiali rientra nel piano concordato con la Ue che, in cambio della concessione alla ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato nell’ambito del burden sharing, ha imposto una serie di paletti all’operatività. Qualunque cambiamento dovrà essere negoziato con Bruxelles - nella lunga lista del contenzioso che pare destinato aprirsi tra Italia e Ue - ed è probabilmente questo uno dei dossier finanziari considerati più urgenti da Lega e M5s che, nel contratto di Governo, citano solo Mps tra le quotate.

L’aumento dell’influenza pubblica sul Monte, di cui lo Stato controlla il 68%, e l’accenno critico al «puro e crudo profitto» ha innescato sul mercato un’ondata speculativa di vendite che hanno portato le quotazioni di Mps a chiudere in ribasso dell’8,86%. Una vera e propria «crisi di fiducia», ha stigmatizzato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, «un fatto molto grave che mette a repentaglio l’investimento effettuato con risorse pubbliche». «Ho il dovere di ricordare che la fiducia si costruisce poco per volta ma basta poco per distruggerla, tirandosi dietro i risparmi che a parole si vorrebbero tutelare», ha detto Padoan.

Dal canto suo, invece, Borghi ha aggiunto di ritenere «molto probabile» che il futuro Governo indichi un nuovo ad al posto di Marco Morelli (che era stato indicato dal Governo Renzi-Padoan al posto di Fabrizio Viola). «Come con tutte le partecipazioni - è la considerazione di Borghi - abbiamo intenzione di procedere a un discreto spoils system». A stretto giro la replica di Morelli che, premettendo che gli azionisti sono liberi di fare le riflessioni che vogliono, si è limitato a ribadire quanto aveva detto agli investitori pochi giorni fa alla presentazione dei conti trimestrali in ripresa. «Noi andiamo avanti, abbiamo un piano, l’obiettivo mio, del management e della banca è di ottenere il più velocemente possibile dei risultati». Aggiungendo che «la priorità per noi è fare in modo che Mps torni ad avere un ruolo importante nell’economia italiana».

Fin qui la cronaca dell’ennesima giornata difficile per una banca che, ormai da quasi 10 anni, non riesce a navigare in acque tranquille. Il tema che preoccupa gli investitori, ovviamente, non è tanto la presenza del Monte nelle valli toscane, ma il ritorno a una redditività sostenibile nel tempo. E sono in molti a ritenere difficile, stante l’attuale modello da pura banca-rete e le limitazioni all’operatività imposte da Bruxelles, che Mps possa raggiungere «stand alone» i target previsti dal piano che dovrebbe portare all’uscita dello Stato nel 2021.

Il ritorno alla redditività è necessario per generare capitale internamente, dato che un aumento da parte dello Stato dovrebbe essere negoziato con Bruxelles. Gli analisti (Equita, Banca Imi) già stimano che nei prossimi trimestri il Cet1 di Mps scenderà dal 14% all’11%. La via d’uscita passerà con ogni probabilità dall’aggregazione con un altro gruppo finanziario, come ammesso ieri dallo stesso Morelli. «Un’eventuale partecipazione di Mps al risiko bancario fa parte di una valutazione più ampia, che la banca e i suoi azionisti dovranno comunque fare in futuro». Il problema è che nessuna banca italiana, pure tra quelle che il dossier lo hanno esaminato concretamente già nelle scorse settimane, è interessata a un’aggregazione che comporterebbe la richiesta da parte di Bce di un aumento di capitale.

Da mesi, negli ambienti delle grandi banche d’affari, circola l’ipotesi di far confluire Mps nell’ambito della filiera Cdp-Poste. Ipotesi che potrebbe diventare più probabile con l’accentuazione statalista ipotizzata ieri da Borghi e condivisa da M5s. Manovre che si incrociano con il rinnovo dei vertici della Cdp e con lo spoils system preannunciato dalla futura maggioranza di Governo.

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