Con il petrolio a 80 dollari al barile e un allarme crescente sulle forniture da Iran e Venezuela, Russia e Arabia Saudita stanno studiando una «graduale» attenuazione dei tagli produttivi, che da gennaio 2017 limitano le estrazioni di greggio dell’Opec e di un gruppo di Paesi alleati.
A confermare che la questione sarà esaminata al vertice del 22 giugno a Vienna, è stato il ministro russo Alexander Novak, che ieri ha incontrato il suo omologo saudita Khalid Al Falih al Forum economico di San Pietroburgo.
I due partner, colonne portanti dell’accordo sui tagli, hanno una «posizione comune» ha dichiarato Novak, ancor prima di vedersi in privato in serata con Al Falih, salvo precisare all’Ft che «rilassare i termini dell’accordo è possibile, ma bisognerebbe basarsi su un’analisi approfondita della situazione».
Fino a poco tempo fa sia Mosca sia, in modo ancora più netto, Riad respingevano l’idea che fosse arrivato il momento di fare un passo indietro sui tagli, nonostante la discesa delle scorte petrolifere e nonostante il tracollo già evidente del Venezuela. «Ci vuole pazienza, abbiamo ancora molto da fare», ammoniva Al Falih ad aprile, definendo «una sciocchezza» le affermazioni dell’Aie, secondo cui l’Opec può proclamare «missione compiuta».
Il cambio di rotta – probabilmente indotto dalla Casa Bianca – coincide con il ripristino delle sanzioni Usa contro l’Iran. Il giorno stesso dell’annuncio, l’8 maggio, Riad ha promesso di prodigarsi per «mitigare l’impatto di qualsiasi carenza» di greggio, Al Falih ha precisato di essersi messo al lavoro «in stretto contatto con la presidenza Opec, la Russia e gli Usa».
Ora è chiaro che Mosca è pronta a dare il suo appoggio, una scelta dovuta in parte alle pressioni crescenti dalle compagnie russe, che scalpitano per estrarre di più, e in parte alla volontà di preservare l’asse coi sauditi, importante dal punto di vista politico e non solo per influenzare il prezzo del barile.
«In generale noi siamo piuttosto flessibili», ha detto ieri Novak a proposito degli accordi produttivi. Se il vertice di giugno approverà un’attenuazione dei tagli, ha aggiunto, «sarà un processo graduale, per prevenire una destabilizzazione del mercato». Le quote si potrebbero «ridurre un po’ per volta e riaggiustare in qualsiasi momento» in base alle condizioni di domanda e offerta.
Il petrolio a 80 dollari, prezzo che Novak definisce «sorprendente e inaspettato», non è comunque gradito a Mosca: «I prezzi alti non sempre sono una cosa buona per i produttori», afferma il ministro.
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