La domanda di petrolio continuerà a crescere anche nel 2019 al pari di quanto accaduto quest’anno. È la fotografia scattata dall’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) nel consueto rapporto mensile che, per la prima volta, formula le stime sull’andamento del mercato petrolifero e sull’offerta non Opec per il 2019. «La repentina crescita del barile ha iniziato a sollevare qualche dubbio sulla forza della crescita della domanda», è la premessa che ha spinto l’agenzia a limare leggermente le previsioni per i consumi 2018, il cui avanzamento rimane comunque sugli 1,4 milioni di barili al giorno. Ad ogni modo, però, l’Aie è convinta che i prezzi non dovrebbero continuare a salire al ritmo registrato a metà 2017 e la richiesta di greggio potrebbe anche ricevere supporto dalle misure in esame in alcuni paesi (come Argentina, Brasile, Indonesia, Russia e Turchia), nonché dalla spinta generata dal settore petrochilmico, con il risultato di una crescita della domanda petrolifera globale per il 2019 di 1,4 milioni di barili al giorno.
Quanto all’offerta, l’Aie ha rivisto al rialzo la stima per la crescita della produzione non-Opec a 2 milioni di barili al giorno nel 2018 e 1,7 milioni b/g nel 201, con gli Usa destinati a trarne il maggiore guadagno dal momento che, rileva il report, il 75% del totale è concentrato nel paese. Nei numeri della crescita non-Opec per il 2019, il rapporto include anche un modesto aumento della Russia che riflette un possibile contributo per compensare la produzione persa in Iran e Venezuela. Un tema, quest’ultimo, che secondo l’agenzia «dominerà con ogni probabilità l’agenda del prossimo vertice Opec», il 22 e il 23 giugno, sul quale l’Aie ha tratteggiato uno scenario, «non una previsione», che mostra come entro la fine del 2019 la produzione dei due paesi potrebbe essere inferiore di 1,5 milioni di barili al giorno. Se ciò avvenisse, l’organizzazione stima che i paesi Opec del Medio Oriente potrebbero aumentare la produzione di circa 1,1 milioni di barili al giorno e che un “aiuto” potrebbe giungere anche dalla Russia.
Il tema sarà sul tavolo della prossima riunione, ma il confronto di queste ore è già molto teso. Tanto che ieri al fermo “no” di Venezuela, Iraq e Iran, a un incremento della produzione per allentare la pressione dei prezzi, ha subito risposto il ministro dell’Energia di Riad, Khalid al-Falih, che ha invece giudicato «inevitabile» un graduale aumento dell’output. «Credo che riusciremo a raggiungere un’intesa in grado di soddisfare prima di tutto il mercato», ha spiegato al-Falih da Mosca, prima di incontrare con il principe saudita Mohammed Bin Salman, a margine del match inaugurale dei Mondiali, il presidente russo Vladimir Putin e il ministro Alexander Novak (si veda articolo a pagina 19). Ad accrescere la tensione ha poi contribuito lo scambio al vetriolo tra il presidente Usa, Donald Trump, e Teheran. Con il primo che ha attaccato «la politica rialzista dell’Opec», provocando l’immediata reazione del delegato iraniano Hossein Kazempour Ardebili. «Trump sta provando a intervenire negli affari di un’organizzazione sovrana ma fallirà».
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