Il copione della guerra dei dazi di Trump con la Cina si ripropone anche nel confronto con l’Unione europea. Nel giorno in cui entrano ufficialmente in vigore i dazi che Bruxelles ha deciso di varare come contromisura alle tariffe al 25% sull’import di alluminio e acciaio da parte degli Stati Uniti scatta la minaccia del presidente americano di imporre una barriera al 20% sulle importazioni di auto europee. L’annuncio è arrivato come di consueto con un tweet: «L’Unione europea da tempo impone dazi e barriere commerciali alle grandi aziende americane e ai loro lavoratori. Se non le rimuoveranno subito imporremo una tariffa del 20% sulle auto che esportano negli Stati Uniti».
Based on the Tariffs and Trade Barriers long placed on the U.S. and it great companies and workers by the European… https://twitter.com/i/web/status/1010166772912320513
– DonaId Trump(realDonaIdTrum)
L’annuncio ha pesato sull’andamento in Borsa del settore auto. I titoli delle principali case, reduci da un tonfo del 3% registrato giovedì, hanno annullato il timido rimbalzo scivolando in territorio negativo. Nel suo tweet Trump ha invitato le case europee a produrre negli Usa. Cosa che peraltro molte di loro fanno già. Una scelta, quella di produrre negli Stati Uniti, che tuttavia non si sta dimostrando particolarmente premiante in questo contesto alla luce della contesa che lo stesso Trump ha aperto sull’altro fronte. Quello con la Cina.
Proprio ieri Daimler, il gruppo tedesco di Mercedes, ha annunciato una revisione al ribasso degli obiettivi di vendita per il 2018 citando espressamente l'impatto della guerra commerciale tra Usa e Cina. Nello specifico a pesare sono stati i dazi al 25% introdotti dalla Cina su una serie di prodotti importati dagli Usa (tra cui spiccano le auto fuoristrada) per un valore di 34 miliardi di dollari. Una misura, annunciata venerdì scorso come reazione ad analoghi dazi sull'import di prodotti cinesi decisi dagli Stati Uniti, che penalizza la casa tedesca che produce nel suo stabilimento in Alabama le auto che poi esporta in Cina.
Nel 2017 la Cina - primo mercato mondiale per le vendite auto - ha importato dall'estero un miliardo e 132 milioni di auto. Soprattutto Bmw (212,9 milioni), Toyota (211,8) e Mercedes (206). Daimler e Bmw oggi rischiano di subire l'impatto sui dazi per un totale di 7 miliardi di euro di fatturato. Se Trump deciderà di dare seguito alle sue minacce le conseguenze saranno ancora più pesanti. Soprattutto per i colossi dell’auto tedesca per i quali il mercato americano è, insieme a quello cinese, una delle maggiori destinazioni del suo export.
In questo rigurgito di protezionismo globale, l'auto è uno di quei settori destinati a soffrire di più proprio per come negli ultimi anni il settore si è sviluppato a livello globale. La cosa paradossale è che gli Stati Uniti di Trump che per primi hanno gettato il sasso nello stagno, sono quelli che rischiano di essere danneggiati dall'alzata dei muri in termini di diminuzione occupazionale e dell'export di auto.
La tedesca Bmw, stando ai dati del Dipartimento al Commercio Usa, è la prima società esportatrice di auto dagli Stati Uniti. A Spartanburg, in South Carolina, la società di Monaco dal 1994 ha investito quasi nove miliardi per creare uno stabilimento di 500 ettari che dà lavoro a novemila persone, in gran parte americani.
Negli Stati Uniti la casa tedesca produce soprattutto il suv X3, ma il 70% della produzione viene esportata in Europa e in Cina. Bmw da mesi è già al lavoro per limitare i danni del protezionismo. Si è attrezzata per produrre la X3 destinata alla Cina nei suoi stabilimenti in Sudafrica. Entro fine anno prevede di riuscire a produrla direttamente in Cina con il partner locale Brilliance. Daimler a settembre completerà la costruzione di uno stabilimento in Carolina del Sud per produrre i van Mercedes.
Anche Volvo, carmaker svedese salvato dai cinesi di Geely Group, nel 2015 ha cominciato a costruire il suo stabilimento americano, a Charleston, sempre nella Carolina del Sud. Per lo stabilimento americano di Volvo, che sarà ultimato a fine anno, sono stati investiti 1,1 miliardi di dollari. A regime la fabbrica darà lavoro a 3.900 americani per produrre la nuova berlina media S60, che sarà la prima Volvo a essere proposta senza nessuna motorizzazione a gasolio, e poi il suv XC90. Nel complesso i carmaker stranieri e i componentisti in South Carolina danno lavoro a circa 66mila persone. Il calo dell'export rischia di pesare. L'avanzata protezionistica costringe le case negli States a rivedere le strategie: costerà di più importare alluminio e acciaio e bisognerà considerare, per dire, i dazi imposti dai cinesi per le auto Volvo (di proprietà cinese) prodotte in Usa ma esportate nel paese asiatico.
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