Un'occupazione che aumenta, ma meno che altrove, con salari in calo e livelli di insicurezza, stress e povertà peggiori della media dei Paesi industrializzati. E meno di 1 disoccupato su 10 riceve un sussidio di disoccupazione. E' decisamente tendente al grigio la fotografia per l'Italia scattata dall'Employment Outlook dell'Ocse, il rapporto annuale sull'occupazione pubblicato oggi dall'Organizzazione che riunisce i 35 Paesi avanzati. «La situazione del mercato del lavoro in Italia è migliorata negli ultimi anni, ma più lentamente che in altri paesi. L'occupazione in percentuale della popolazione tra i 15 e i 74 anni è aumentata di 2,3 punti percentuali dal livello più basso nel 2013 e al 50,9% è quasi tornata al livello pre-crisi (51%).
Le proiezioni dell'Ocse suggeriscono che la tendenza positiva continuerà nei prossimi due anni», indica lo studio. Considerando la fascia d'età 20-64anni l'occupazione alla fine dello scorso anno era del 62,3%, anche in questo caso quasi uguale al 62,4% del 2006. Nell'Ocse nel primo trimestre del 2018 il tasso di occupazione era invece in media di circa 2 punti percentuali sopra il livello pre-crisi. La disoccupazione in Italia è scesa - sottolinea inoltre il rapporto - ma all'11,2% nell'aprile 2018, rimane il terzo più alto dell'area ed è ancora di 4,6 punti percentuali sopra il livello del 2008.
Nell'Ocse in aprile il tasso dei senza lavoro era al 5,3%. I salari reali nella Penisola sono diminuiti dell'1,1% tra il quarto trimestre 2016 e il quarto trimestre 2017, rispetto a una crescita media Ocse dello 0,6% nello stesso periodo. La stagnazione della produttività e una significativa percentuale di lavoratori a basso reddito con contratti temporanei e/o part-time involontario contribuiscono a spiegare la discesa dei salari reali, che in tempi di ripresa economica dovrebbero invece salire.
Italia sotto la media Ocse in quasi tutti gli indicatori
Nell'insieme, la performance del mercato del lavoro italiano è generalmente sotto della media Ocse in quasi tutti gli indicatori presi in considerazione. Fa eccezione la qualità del reddito da lavoro che, nei calcoli Ocse, è pari a 19,1 dollari di reddito orario rettificato per livello di disuguaglianza contro i 16,8 dollari della media dell'area, che registra un «top» in Danimarca (quasi 30 dollari) e un minimo in Messico (4,9 dollari).
Siamo il quarto Paese con più «insicurezza» per il lavoro
Non sorprende - rilevano gli economisti dell'Ocse - che, in un contesto di alta disoccupazione e forte incidenza di contratti a termine, il livello d'insicurezza nel mercato del lavoro, cioè la probabilità di perdere il posto e restare senza reddito, in Italia sia il quarto più alto dell'area, dopo Grecia, Spagna e Turchia. La perdita monetaria attesa associata al rischio di disoccupazione come percentuale del reddito precedente in Italia è pari al 10,7%, più del doppio rispetto all'ante-crisi (5%). L'attuale media Ocse è del 4,9%, in una forchetta che va dal virtuoso 1,6% del Giappone al 23% della Grecia. La povertà nella Penisola è aumentata negli anni: il 13,6% delle persone in età lavorativa vive in famiglie con un reddito inferiore al 50% del reddito medio, in aumento dal 10,7% nel 2006 e contro il 10,6% medio Ocse.
Sempre più stress da lavoro
Lo stress da lavoro, cioè il dover faticare molto con poche risorse a disposizione, tocca quasi il 30% dei lavoratori (sia pure in calo dal 35,6% del 2006) contro il 27,5% dell'Ocse (in Norvegia è il problema solo per il 13,8% dei lavoratori, mentre in Grecia la percentuale si impenna al 48%). Il divario uomo-donna nel reddito da lavoro in Italia supera il 44% contro la media del 38,5% dell'area Ocse, con oscillazioni che vanno tra il 61% della Corea e il 21% della Finlandia. Il «gap» occupazionale a danno dei gruppi svantaggiati, come madri con figli, giovani, lavoratori anziani, stranieri e persone con disabilità parziali, nella Penisola è il quarto più alto dell'Ocse: pur essendo diminuito un po' nell'ultimo decennio è pari al 34% contro il 25% medio dell'area, dove tocca il livello minimo in Islanda (9,2%) e il massimo in Grecia (47%).
Le raccomandazioni
Sul fronte delle raccomandazioni, l'Ocse rileva che la creazione dell'Anpal, l'agenzia per le politiche attive del lavoro, e' stata un passo importante, ma l'Italia deve continuare a investire in questo ambito. La priorità è assicurare uno stretto coordinamento con le regioni e fornire ai centri per l'impiego dotazioni di personale adeguate e sviluppare strumenti di profilazione di chi cerca un lavoro. E' poi necessario sviluppare una strategia d'intervento precoce per favorire il rapido reinserimento lavorativo. Chi perde il lavoro deve potersi registrare al centro appena ha ricevuto la notifica di licenziamento, prima ancora della effettiva fine del contratto. Questa strategia sarà di più facile attuazione se l'erogazione del sussidio sara' legata all'avvenuta registrazione e a una ricerca attiva di un nuovo posto di lavoro.
il sussidio di disoccupazione
In Italia, tuttavia, meno di un disoccupato su 10 (l'8,4% ai sensi delle statistiche Ilo) riceveva il sussidio di disoccupazione nel 2016, la percentuale più bassa dell'Ocse dopo quella della Repubblica Slovacca, contro la media dell'area - gia' molto ridotta, come rileva lo studio - di uno su 3 (29%). E in Italia la percentuale scende ulteriormente (7% contro il 22% Ocse), il livello minimo tra i Paesi presi in considerazione, se si considerano anche i lavoratori scoraggiati. Una situazione, quella italiana, che deriva dalla combinazione di un'alta percentuale di disoccupati di lungo periodo e di una durata massima del sussidio relativamente bassa. La percentuale di disoccupati coperti dal sussidio, però, dovrebbe migliorare - secondo l'Ocse - con l'entrata a pieno regime della riforma degli ammortizzatori sociali contenuta nel Jobs Act.
(Il Sole 24 Ore Radiocor)
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