Il prossimo appuntamento con la rivoluzione delle Tlc arriverà in Italia tra poco più di un anno: si chiama 5G e il debutto è previsto entro il 2020. Sarà il nuovo standard di trasmissione per telefonini e tablet: più veloce, più potente. La tecnologia che tutti attendono come dirompente aprirà la strada all’internet delle cose: il futuro è del web non è tanto in maggiore uso di internet sugli smartphone, anche perchè di fatto già oggi la gente è praticamente connessa tutto il giorno, ma il debutto su larga scala delle macchine su internet (nel gergo dei tecnofili la sigla è M2M), è la previsione di Davide Rota, il numero uno di Linkem. Elettrodomestici, apparecchi, strumenti elettronici; tutti si parleranno tra di loro senza bisogno che l’uomo intervenga.
In attesa di un’ennesima promessa di rivoluzione industriale, il 5G ha già avuto conseguenze sul mercato: dietro le quinte, o meglio nel sottobosco delle telco alternative, operatori regionali o comunque di fascia media o piccola, si creano alleanze e aggregazioni. Il nuovo salto tecnologico farà partire una nuova ondata di fusioni nell’industria delle Tlc, perennemente sotto stress per i margini in continuo calo . Ma se tra i big il panorama appare ormai consolidato, dopo il mega-matrimonio Wind Tre dove da poco il magnate cinese Li Ka Shing è diventato il padrone assoluto, e l’ingresso della compagnia low cost francese Iliad, conseguenza peraltro del matrimonio Wind Tre; è invece nella seconda fascia di mercato, dove convivono molte compagnie magari sconosciute a livello nazionale ma molto radicate sui loro mercati locali, che partirà la terza fase di consolidamento (dopo quella dei primi anni duemila e quella recente).
I primi segnali arrivano dal fronte tecnologico-commerciale: si uniscono le frequenze. L’occhio del mercato è per due Telco “minori” ma molto dinamiche su piazza: proprio la romana Linkem guidata da Rota e l’umbra Go Internet. A fare da sponda, terzo vertice del triangolo, quella Retelit anch’essa pedina cruciale del nuovo risiko della banda ultra-larga, tanto da aver solleticato gli appetiti del finanziere Raffaele Mincione, sullo sfondo dello scorporo della rete di Telecom Italia-Tim.
Linkem è una stazza media ma domina la fetta di mercato del Fixed Wireless per famiglie (ossia la banda larga con modem senza allaccio alla rete fissa), con una quota del 47% (e 600mila clienti attesi a fine 2018 con ricavi per 120 milioni), che poi è il medesimo target di Go, forte di licenze Wimax e ora di tecnologia Lte; Linkem, creata nel 2001 da Rota allora ex manager Procter&Gamble, è molto presente nel Lazio, e zone meridionali del centro italia; Go invece ha la sue roccaforti in Emilia Romagna e Marche. Dunque sinergie tecnologie e geografiche sono possibili perché le due aziende sono complementari come banda di trasmissione, tanto che proprio nei giorni scorsi il Mise ha dato l’ok per la condivizione delle frequenze tra le due aziende. E proprio quelle frequenze di Linkem e Go sono improvvisamente diventate d’oro dopo che sempre il Ministero ha rinnovato le loro licenze, sulle frequenze WiMax 3400 e 3600 GigaHertz, fino al 2029 (assieme a quelle di Tiscali e Mandarin).
Solo in apparenza è un risiko di Serie B tra le Tlc, perchè oggi è proprio in provincia, nell’Italia del Digital Divide, dei paesi degli Appennini che hanno ancora connessioni lentissime o non ce l’hanno per niente, che c’è la maggiore richiesta di internet veloce: «L’Italia è un Paese paradossale -spiega Rota - la domanda è ai livelli di mercati evoluti e iperdigitalizzati come l’Inghilterra, ma l’offerta di banda larga è bassissima: nelle città di provincia la fibra ottica è ancora minoritaria (sta iniziando ora Open Fiber, specie nei piccoli nei centri medio piccoli del Centro-Sud sono difficili da cablare». Perciò, la banda larga senza fili , meno costosa, più pratica, sarà la modalità di connessione centrale per molte aree del paese. «La capacità di trasmissione wireless si moltiplicherà mentre il doppino di rame (Dsl e simili), dove finora è stata fatta passare la banda larga dove non c’era la fibra, ha pochi margini di incremento per i limiti fisici del doppino di rame», nota Rota. Di certo sarà difficile far correre il 5G sul vecchio cavo telefonico di casa; la connessione via radio sarà con molta probabilità l’autostrada preferita per l’internet di casa (e anche la voce in modalità Voip, ossia telefonate via web).
Ecco allora che l’alleanza, per ora solo tecnologica e di frequenze, tra Linkem e Go internet, con la sponda di Retelit, potrebbe diventare anche qualcosa di più. D’altronde Linkem da tempo accarezza l’idea di una quotazione in Borsa e la frase di Rota «Stiamo valutando ogni opportunità» alimenta la suggestione. suggestione rinforzata anche dalla constatazione che i romani, una piccola public company privata (gli azionisti sono tutti fondi di investimento americani quotati in Borsa, dal colosso Blackrock, che ha messo 1o0 milioni; a Leukadia a Cowen) un piede nella matricola ce l’hanno già messo: nei mesi scorsi Go Internet ha varato un aumento di capitale da 4 milioni di euro tutte le nuovi azioni sono state comprate da Linkem (gli altri soci dell’azienda umbra, tra cui la famiglia di Giuseppe Colaiacovo, si sono diluiti) che entrerà col 20% in Go che nel frattempo ha stretto un’alleanza con Retelit per affittare la sua potente dorsale di cavi in fibra. Nascerà un polo alternativo dell’internet veloce mobile?
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