Il colpo di scena domenicale nel mondo politico del Regno Unito non ha scosso la sterlina, ma il «sequel» di inizio settimana un po' sì. La valuta britannica in avvio di seduta aveva ignorato le dimissioni a sorpresa del ministro per la Brexit David Davis, del suo vice Steve Baker e del sottosegretario Suella Braverman, innescate dal disaccordo sull'atteggiamento morbido assunto dalla premier Theresa May sulla Brexit, ma ha poi accusato il colpo quando anche il ministro degli Esteri Boris Johnson ha seguito la stessa strada. La nuova strategia del Primo ministro prevede nuove intese doganali con l'Unione europea e un'apertura all'ipotesi di un'area di libero scambio con regole comuni almeno per i beni industriali e per l'agricoltura. Secondo gli analisti, le dimissioni di Davis da sole non avrebbero innescato una crisi di Governo, ma la possibilità rischia di diventare più concreta se crescerà il numero di parlamentari pronti ad andare allo scontro con May. Ecco dunque che l'addio di Johnson dà un'ulteriore spallata alla leadership della premier.
Theresa May ha già nominato un nuovo ministro per la Brexit, Dominc Raab, considerato un sostenitore della linea della separazione netta del Regno Unito dalla Ue nel negoziato Brexit ancora in pieno svolgimento a 25 mesi dal referendum che decise l'uscita del Paese dall'Ue, e dovrà ora scegliere un successore per Johnson. Tuttavia, il suo ruolo nel partito conservatore ha subito un duro colpo.
Ne ha fatto le spese la sterlina, che si è indebolita sia nei confronti dell'euro che del dollaro, con minimi toccati rispettivamente a 0,8903 per un euro e a 1,3189 dollari (0,8843 e 1,3283 le chiusure di venerdì). «La sterlina comincia a preoccuparsi per la possibilità di un'opposizione formale a May all'interno del partito conservatore e per l'ipotesi di nuove elezioni politiche», commenta un analista di Spreadex.com. «La posizione di May secondo me sta per diventare insostenibile», rincarano da Ayondo Markets.
(Il Sole 24 Ore Radiocor)
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