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Fca, l’era Marchionne si chiude con un guadagno in Borsa del…

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la fine di un’epoca

Fca, l’era Marchionne si chiude con un guadagno in Borsa del 1.000 per cento

Il 1° giugno 2004 Sergio Marchionne viene nominato amministratore delegato del gruppo Fiat, in seguito denominata Fiat group automobiles. Il gruppo automobilistico aveva chiuso il 2003 con una perdita vicina ai 2 miliardi di euro. A fine 2004 la perdita - sei mesi dopo l’innesto del manager chietino - fu ridimensionata a 1,5 miliardi a fronte di un indebitamento del gruppo di 13,9 miliardi, in calo di 1,7 miliardi rispetto all’esercizio precedente. Il giorno prima dell’ingresso di Marchionne in Fiat le azioni valevano 1,61 euro . Il feeling tra Marchionne - da poche ore sostituito dal capo di Jeep Mike Manley a seguito di gravi condizioni di salute - e la Borsa si è visto da subito perché le azioni balzarono subito a quota 1,8. Per poi , negli anni a venire, innestare una corsa ancora più consistente.

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Quelle stesse azioni valgono oggi oltre 16 euro e nel corso del 2018 hanno sfiorato i 20 euro. Ciò vuol dire che per un investitore la rivalutazione del capitale ha toccato (e in certi momenti superato) il 1.000%.

Senza dimenticare i vari passaggi societari dell’era Marchionne che andrebbero a rimpolpare un calcolo che di per sé appare già stratosferico e molto complesso da attuare alla virgola. Tra queste lo spin-off di Ferrari - Marchionne ne è salito al comando nel 2014 dopo 20 anni di Montezemolo - con Ipo prima a Wall Street e poi a Milano che è valsa per gli azionisti Fca una nuova azione Ferrari ogni 10 Fca possedute. Considerando che le azioni della Ferrari dal debutto all’ultima quotazione hanno realizzato una performance del 196% è evidente che a quel 1.000% si dovrebbe aggiungere un altro pezzettino per arrivare al guadagno complessivo.

Oggi Fca vale almeno 10 volte quanto valeva la Fiat presa in mano 14 anni dal 66enne Marchionne. Da una perdita di 1,5 miliardi il bilancio si è ribaltato: il 2017 si è chiuso con un utile netto di 3,5 miliardi, raddoppiato rispetto al 2016. Il debito industriale è sceso a 2,39 miliardi, sotto la soglia dei 2,5 miliardi fissata dall’ad come obiettivo dell’anno.

Chi avesse investito 1.000 euro poco prima dell’ingresso di Marchionne oggi se ne ritroverebbe in tasca più di 10.000 euro. E Marchionne - che tra i vari meriti ha quello di aver dimostrato in prima persona nella trasformazione e crescita della società investendo in prima persona e in più battute sui titoli del Lingotto - grazie alla rivalutazione del gruppo la scorsa estate poteva contare su un tesoretto di mezzo miliardo di euro e che oggi dovrebbe aggirarsi intorno a quota 800 milioni.

twitter.com/vitolops

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