Con i nuovi vertici appena insediati, l’ad Fabrizio Palermo e il presidente Massimo Tononi, Cassa depositi e prestiti si presenta allo snodo dei conti semestrali confermando il ruolo propulsivo a sostegno del tessuto economico italiano con 12,8 miliardi di risorse mobilitate, sotto l’asticella dei 16 miliardi dei primi sei mesi del 2017 su cui però, va detto, aveva impattato, in particolare, la contabilizzazione di un’operazione di garanzia con il Fondo Pmi da 2,4 miliardi (che ha inciso anche sul dato della capogruppo, passato dai 12 miliardi del primo semestre 2017 a 8 miliardi di quest’anno).
La fetta principale (6,5 miliardi, il 51% del totale) è andata all’internazionalizzazione - con il polo Sace-Simest che ha messo in campo, nel semestre, diverse operazioni nei settori infrastrutture, aeronautico e bancario -, 4,4 miliardi sono stati poi destinati alle imprese (34%), mentre le risorse restanti sono state distribuite tra i due capitoli del real estate (100 milioni, l’1%) e del government, pubblica amministrazione e infrastrutture (1,8 miliardi, il 14%). Rispetto allo sforzo messo in campo dalla capogruppo, la voce principale è invece rappresentata dalle imprese con 4,2 miliardi di risorse mobilitate (il 50% dell’impegno complessivo).
Passando, poi, agli indicatori economico-patrimoniali, il gruppo archivia il semestre con un utile netto di 2,2 miliardi, in calo del 10% sul dato del primo semestre 2017 (mentre la capogruppo fa registrare un risultato netto di 1,4 miliardi, in progresso del 13 per cento sull’anno prima). Anche in questo caso, però, il differenziale negativo è legato a una componente straordinaria, vale a dire la cessione della quota in Sia (per 600 milioni secondo la valutazione al fair value), al netto della quale l’utile risulterebbe in crescita. Il margine di intermediazione sale poi a 1,6 miliardi (+12%), spinto soprattutto dalla capogruppo, che fa segnare, rispettivamente, +21% per il margine di intermediazione (1,9 miliardi) e +2,1% per quello d’interesse (1,6 miliardi). Quanto al patrimonio netto consolidato, si attesta a 35,4 miliardi, in leggero calo rispetto a 35,9 miliardi del 2017 per effetto principalmente dei dividendi distribuiti, mentre la capogruppo chiude il semestre facendo registrare un livello pari a 23,7 miliardi (a fronte dei 24,4 miliardi del primo semestre 2017): un leggero scostamento che sconta, oltre al fattore “cedole”, anche l’impatto della prima applicazione dei nuovi principi contabili Ifrs 9 (positivo, invece, sul consolidato). Il totale dell’attivo a fine giugno è di 420 miliardi, sostanzialmente in linea con il dato di fine 2017 (+0,1%).
Tornando alla capogruppo, il totale dell’attivo risulta di 367 miliardi (-0,2%) con il seguente andamento: lo stock di disponibilità liquide scende a 163 miliardi (-7% sul livello di fine 2017), per via dei minori investimenti a breve termine; lo stock di crediti verso clientela e banche si attesta a 101 miliardi (-1%); i titoli di debito salgono a 58 miliardi (+21%), mentre partecipazoni e quote azionarie sono pari a 33 miliardi (+2%). La raccolta complessiva supera i 340 miliardi, sostanzialmente invariata, di cui 254 miliardi derivanti dalla raccolta postale (+0,3%) e 45 miliardi da provvista bancaria (+25%), mentre la raccolta da clientela è di circa 23 miliardi (-33%) e il supporto assicurato dalle emissioni obbligazionarie segna un incremento dell’8%, a circa 19 miliardi.
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