Andamento titoli
Vedi altroNew York - Mille e più di mille. È la capitalizzazione di mercato di Apple, la prima società americana quotataa raggiungere una simile vetta - per l’esattezza, alla chiusura della seduta di ieri, i mille e due miliardi di dollari.
A fine giornata il titolo del gruppo guidato da Tim Cook aveva guadagnato il 2,92%, un colpo di reni che ha coronato una corsa del 23% da inizio anno e spinto il prezzo a 207,39 dollari e, appunto, alla market cap da record.
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È possibile offrire un’altra misura dell’evento epocale: il successo appare ancora più ragguardevole se confrontato con lo
stato del gruppo poco più di vent’anni or sono, quando era sull’orlo della bancarotta e fu ripreso in mano dal co-fondatore Steve Jobs, che
era stato allontanato negli anni Ottanta. Non solo Apple si salvò, ma divenne simbolo di innovazione trainata dal suo prodotto di punta gli iPhone. E chi avesse investito
diecimila dollari nei suoi titoli allora, oggi si troverebbe in portafoglio un tesoro, si può ben dire, da 2,6 milioni. Né
la corsa potrebbe essere finita: gli analisti ritengono il titolo ancora poco caro - a multipli prezzo/profitti inferiori a 18 contro i 32 di Alphabet, i 166 di Amazon e i 145 di Netflix - a fronte di previsioni ottimistiche di continua crescita delle attività.
L’exploit di Apple di ieri è stato anche avvolto nella suspense: a generare confusione su quando esattamente abbia tagliato il traguardo dei mille miliardi è stato il programma di buyback azionario scattato subito dopo il robusto bilancio trimestrale annunciato dall’azienda di Cupertino martedì sera. Un programma che avendo ridotto il numero di titoli in circolazione ha fatto lievitare il prezzo necessario a scalare la vetta. Qualcuno non ha immediatamente tenuto in considerazione la variazione.
Ciò detto, sono stati proprio i conti trimestrali che, oltre a legittimare i continui buyback, hanno dato ulteriore prova della marcia del business del sempre più vasto ecosistema Apple: non solo negli iPhone, ma sulla frontiera dei servizi in abbonamento che comprendono dalle app al cloud e allo streaming di musica e video. Nel segmento le entrate sono balzate del 31% per il secondo trimestre consecutivo, al massimo storico di 9,5 miliardi. E le cifre del trimestre nell’insieme si sono dimostrate decisive per quell’ultimo sprint in Borsa, anche se Apple sembrava ormai predestinata a diventare la prima società americana da mille miliardi.
Prima della grande rivale Amazon, che pure la insidia quando si tratta di gara alla market cap record. Il colosso del commercio elettronico e di Internet vanta oggi un capitalizzazione di 894 miliardi, con titoli che a loro volta ieri hanno guadagnato oltre il 2% e valgono ciascuno oltre 1.800 dollari. Amazon è stata anche tra le poche aziende d’avanguardia nell’hi-tech e Internet, universo ormai sempre piu’ integrato, che ha a sua volta riportato risultati considerati robusti nel recente trimestre.
Meno brillanti sono parsi altri marchi, raggruppati con Amazon nella sigla Fang e considerati ad alta crescita quali Facebook, Netflix e Alphabet-Google. L’indice Fang+, che tra gli altri include Apple, Tesla, Twitter, Baidu e Nvidia, è anzi scivolato questa settimana in correzione, evidenziando fragilita’ nel comparto tecnologico agli attuali elevati livelli: ha ceduto il 10% dai recenti massimi, nonostante numerosi dei singoli titoli in questione siano tuttora in rialzo rispetto a inizio anno. Il social network Facebook, in particolare, è stato tra quelli che piu’ hanno sofferto, scottato dall’impatto delle polemiche sulla privacy e l’abuso di dati che ha frenato gli utenti e moltiplicato i costi. Utili e revenue trimestrali hanno deluso le attese e il titolo e’ bruscamente arretrato nel giro di pochi giorni da quota 217 a 176 dollari.
Il confronto che più di altri mostra il successo e la tenuta di Apple e però forse quello con la coreana Samsung, la sua grande rivale nel sempre più saturo mercato globale degli smartphone. Apple è riuscita a strappare le ultime performance mostrando capacità di differenziarsi e appeal attraverso il lancio di prodotti più cari e di fascia più alta, fino all’iPhone X da 999 dollari in su. Gli iPhone hanno registrato entrate record grazie ad un aumento dei loro prezzi medi combinato con incrementi seppur lievi nelle vendite. A Samsung, invece, la medesima strategia non sta portando medesimi buoni frutti. Se Apple ha visto lievitare la sua quota di mercato dall’11% al 12%, la rivale asiatica l’ha vista al contrario scendere dal 22% al 20 per cento. Mentre incalza la cinese Huawei, che si è inserita fra i due leader, per la prima volta in sette anni, con una quota del 15 per cento.
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