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L’ultima di Elon Musk: Tesla via da Wall Street, entrano i…

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le ragioni in unA lettera ai dipendenti

L’ultima di Elon Musk: Tesla via da Wall Street, entrano i sauditi

Tesla, alle prese con i rumor più disparati sul bisogno di capitale fresco per sostenere la produzione insufficiente delle sue auto, in particolare la Model 3, tiene sempre banco a Wall Street. Il titolo del costruttore californiano di auto elettriche di lusso, già sostenuto nel pomeriggio di martedì da indiscrezioni rilanciate dal Financial Times e da Reuters secondo cui il fondo sovrano saudita Public Investment Fund (Pif) ha acquisito una quota del poco inferiore al 5% (pari a cira 3 miliardi di dollari ai valori attuali del titolo), si è spinto ulteriormente e violentemente al rialzo, fino a toccare un guadagno dell’11 per cento a 379,57 dollari.

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Il vero balzo di giornata del titolo è iniziato pochi minuti prima delle 19, quando in un tweet il fondatore Elon Musk ha annunciato di volere ritirare la sua creatura dal mercato, chiedendo agli attuali azionisti di vendere a 420 dollari per azione oppure di rimanere in una Tesla non più quotata. Un’operazione ambiziosa, con un valore complessivo di 72 miliardi di dollari.

Va detto che Tesla, quotata da otto anni, viaggia a 15 volte il patrimonio netto, cioè a livelli siderali (se non psichedelici) senza avere mai visto un dollaro di utile, anzi bruciando capitale come in un falò: 1,8 miliardi di dollari soltanto nel primo semestre, rimanendo con riserve di liquidità pari a 2,2 miliardi di dollari a fine giugno.

Il visionario produttore di auto elettriche non ha smentito il tweet ma lo ha fatto seguire 40 minuti dopo da un sibillino “Good morning” e poi da un terzo, in risposta all’interazione di un follower. In quest’ultimo tweet Musk ha di fatto confermato l’ipotesi delisting precisando che l’idea sarebbe di creare un «purpose fund» nel quale verrebbero convogliate le quote degli attuali azionisti .

Infine Musk in una lettera ai dipendenti pubblicata sul blog dell’azienda nel corso della notte ha messo nero su bianco la ratio del suo piano d’azione. In sostanza secondo il fondatore il mercato sottopone Tesla a eccessive tensioni in questa fase di crescita. «Come azienda quotata, siamo soggetti a oscillazioni selvagge nel nostro prezzo delle azioni, cosa che può essere una grande distrazione per tutti coloro che lavorano in Tesla, e tutti gli azionisti. Essere pubblici ci sottopone anche al ciclo dei profitti trimestrali, che esercitano un'enorme pressione su Tesla a prendere decisioni che potrebbero magari essere giuste per un certo trimestre, ma non necessariamente giuste per il lungo termine». Musk ha anche aggiunto che essere quotati si traduce in maggiori opportunità di attacco alla società e che lasciare Wall Street non sarebbe per sempre. Tesla potrebbe tornare sul listino quando dovesse entrare, finalmente, «in una fase di crescita più lenta e prevedibile».

Ora comunque Musk dovrà trattare con il proprio consiglio di amministrazione, non è detto che la strada tracciata sia priva di scossoni. Al momento possiede il 19% delle azioni a fronte di una capitalizzazione di 64 miliardi e mezzo. .

Gli analisti nelle ultime settimane hanno spesso avanzato delle perplessità sulle esigenze finanziarie dell’azienda (qualche giorno fa Bloomberg ha ribadito la necessità di un aumento di capitale, opzione di cui si parla da mesi, che potrebbe stare fra i 3 e i 10 miliardi di dollari) ma nell'ultima call a commento dei conti Musk aveva dichiarato che non aveva bisogno di un’iniezione di capitali e che dal trimestre in corso il gruppo avrebbe consegnato alla storia il primo utile.

Tornando alle le indiscrezioni del Financial Times, il fondo sovrano saudita sarebbe arrivato ad avere una quota in Tesla il cui valore oscillerebbe in una forchetta compresa tra 1,7 e 2,9 miliardi di dollari. Stando all'FT, il Public Investment Fund, supervisionato dall’uomo forte del Regno, il principe ereditario Mohammed bin Salman, primo vice primo ministro e titolare della Difesa, avrebbe rastrellato una quota del 3-5% nel produttore di auto elettriche. Secondo Reuters la quota sarebbe certamente di poco inferiore al 5 per cento. Gli acquisti sarebbero stati effettuati nell’anno in corso, probabilmente dopo il tour americano dell’erede al trono a Riad. Essendo inferiore al 5%, la partecipazione nel gruppo di Elon Musk non deve essere necessariamente comunicata.

Questa quota fa del fondo sovrano saudita uno degli otto più grandi azionisti di Tesla. Pif, nel settore del trasporto privato, ha già scommesso su Uber, di cui ha comprato una quota da 3,5 miliardi di dollari nel giugno del 2016. Da Riad sono stati anche investiti ben 45 miliardi nel Vision Fund, megafondo hi-tech da 100 miliardi che investe in unicorni della giapponese SoftBank, e ne sono stati promessi 20 per un fondo infrastrutturale gestito da Blackstone.

Nel frattempo, altre indiscrezioni sostengono che Tesla ha iniziato ad assumere per la sua nuova fabbrica a Shanghai - la prima fuori dagli Stati Uniti - un mese dopo avere siglato accordi con le autorità locali per un progetto del valore di 2 miliardi di dollari. Che non sono esattamente noccioline per un’azienda alla canna del gas come dovrebbe essere il costruttore californiano di auto elettriche.

(aggiornato alle ore 11.30 di mercoledì 8 agosto)

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