Il business della gestione di 27 tratte autostradali in Italia ha generato per Autostrade per l’Italia tra il 2001 e il 2017 ricavi da pedaggio per 43,7 miliardi. È il bilancio degli incassi (al netto degli altri ricavi come le royalties per le aree di servizio e quant’altro) della gestione della famiglia Benetton dalla privatizzazione della concessionaria autostradale, avvenuta nel 2000, ai giorni nostri. Quella somma l’hanno pagata italiani e stranieri che sono transitati con i loro veicoli lungo le maggiori arterie nazionali. Le tariffe autostradali vengono riconosciute ai concessionari dallo Stato (la proprietà della rete è pubblica, privata è solo la gestione) per remunerare manutenzione, investimenti e per coprirne i costi.
Nello stesso periodo Aspi ha investito 5 miliardi in interventi di manutenzione e 13,6 miliardi per la realizzazione di ampliamenti, migliorie e nuove opere. I costi del lavoro sostenuti nel periodo sono pari a circa 7 miliardi. Il sistema tariffario italiano prevede che nella tariffa entri anche un canone riconosciuto all’Anas (cosiddetto sovrapprezzo) che contribuisce alle sue spese di sostentamento e un onere concessorio al ministero dell’Economia: nel periodo questi costi sono stati pari a 3,6 miliardi. Singolare l’aspetto che riguarda il canone Anas: istituito quando la società aveva funzioni di ente concedente e di controllo delle concessionarie autostradali (funzioni attribuite al ministero dei trasporti con le riforme intervenute dopo il 2010) è rimasto comunque in essere anche ora che la società è stata trasferita sotto il controllo delle Fs ed è un concorrente, visto che gestisce 900 chilometri di tratte autostradali.
Tolte queste voci che le tariffe sono chiamati a coprire per ripagare oneri, costi e investimenti alla società restano circa 13 miliardi di margine: nel periodo sono stati pagati allo Stato italiano 5 miliardi di imposte. Ne residuano poco più di 9 miliardi: sempre nel periodo sono stati pagati circa 7,2 miliardi di oneri finanziari a sostegno del debito, nel quale rientra anche quello contratto per l’acquisto di Autostrade in fase di privatizzazione.
I profitti veri e propri di cui la società ha beneficiato in questi 16 anni sono pari a 2,1 miliardi: in sostanza 130 milioni di euro l’anno, di cui buona parte distribuiti agli azionisti sotto forma di dividendi. Al socio di riferimento, la famiglia Benetton, è andato in media il 30% dei dividendi, anche se non tutto è stato distribuito (ci sono ad esempio le quote che vanno alle riserve). In modo molto sommario si può dire che alla famiglia di Ponzano veneto siano andati circa 600 milioni.
Ovviamente stiamo parlando solo di una parte dei profitti di Atlantia, che oltre alle 27 tratte di Aspi ne gestisce altre 5 in Italia. Poi ci sono le varie concessionarie acquistate in Sudamerica; completano il business del gruppo gli scali aeroportuali come quello di Fiumicino e l’aeroporto di Nizza. Mentre il business all’estero sarà ampliato con l’acquisizione della spagnola Abertis. L’accusa che negli anni è arrivata al gruppo è quella di aver beneficiato di extraprofitti garantiti da una convenzione troppo generosa che, tra i vari aspetti, sottostimava le attese di crescita del traffico per riconoscere adeguamenti tariffari più alti.
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