Elon Musk ingrana la retromarcia. E che retromarcia: Tesla rimarrà un'azienda quotata in Borsa. Abbandonati del tutto, invece, i grandi piani di sottrarla al mercato azionario.
Dopo aver twittato di recente progetti per “privatizzare” il leader dell'auto elettrica - con tanto di assicurazioni di aver trovato i fondi necessari, forse dall'Arabia Saudita - scatenando polemiche e anche inchieste della Sec sulla correttezza e fondatezza dei suoi pronunciamenti, il grande imprenditore hi-tech americano si è rimangiato l'intera idea in un solo blog: “Ho informato il consiglio di amministrazione che sono convinto che la miglior strada per Tesla sia quella di rimanere quotata”. Il board, ha aggiunto, “ha concordato”.
Musk è il maggior azionista di Tesla, con una quota del 20%, oltre a essere il suo amministratore delegato. Un suo tweet il 7 agosto aveva così scosso il mercato: “Sto considerando di togliere Tesla dalla Borsa al prezzo di 420 dollari per azione”. Il titolo si era immediatamente impennato.
L'imprenditore aveva in seguito spiegato di ritenere una “privatizzazione” l'opzione migliore perché avrebbe sottratto l'azienda alle pressioni di obiettivi di breve periodo permettendole di meglio concentrarsi sulle strategie.
In un’intervista al New York Times aveva inoltre sottolineato le difficoltà personali incontrate nel gestire Tesla nel corso dell'ultimo anno. L'azienda ha sofferto ritardi di produzione e sfide sulla qualità.
Il voltafaccia, tuttavia, non è stato adesso esattamente o soltanto spontaneo. Musk ha ammesso di aver ricevuto input da parte della maggior parte degli investitori nell'azienda. Il messaggio: per Tesla è meglio rimanere in Borsa e trasparente.
Alcuni investitori istituzionali hanno anche indicato che avrebbero grandi difficoltà, a causa delle loro regole interne, a impegnarsi significativamente in un'azienda che non sia quotata.
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