«L’inflazione core (quella depurata per i prezzi più volatili, come energetici ed alimentari, ndr) avrà un aumento vigoroso». Queste parole, pronunciate ieri da Mario Draghi nel corso di un’audizione al Parlamento europeo, hanno subito messo le ali all’euro che è balzato a 1,1815 dollari rivedendo i massimi degli ultimi tre mesi. A spingere l’inflazione secondo il governatore della Bce sarà un aumento dei salari. Gli investitori hanno così “letto” tra le righe che la Bce non avrà indugi nella seconda metà del 2019 ad alzare il costo del denaro e questo spiega il movimento “long” sull’euro. La spinta però si è esaurita in serata quando sono tornati un po’ di acquisti sul dollaro che è tornato a vestire i panni del bene rifugio.
Sui mercati infatti è improvvisamente cambiato il vento. Il clima di risk-on della scorsa settimana è stato vanificato dalla notizia secondo cui la Cina ha annullato la visita negli Usa del vicepremier Liu He per i colloqui commerciali in programma questa settimana, senza indicare nuova data. Ciò vuol dire che la guerra commerciale in corso tra Usa e Cina - da ieri esacerbato dal lancio di nuovi dazi Usa verso Cina per 200 miliardi e Cina verso Usa per 60 - potrebbe anche non avere un epilogo “morbido” ma proseguire su toni duri, anche dopo le elezioni del mid-term (novembre) negli Usa.
Il focus nel breve si sposta sulla decisione della Fed di domani che dovrebbe aumentare i tassi. I mercati scontano un altro rialzo a dicembre. Non a caso nell’asta di ieri i titoli a due anni sono stati collocati al 2,817%, il livello più alto degli ultimi 10 anni.
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