Al recente risveglio delle quotazioni dell’oro potrebbe aver contribuito anche l’Ungheria, che nella prima metà di ottobre
ha addirittura decuplicato le riserve aurifere.
A rivelare gli acquisti è stata la banca centrale magiara, che ora possiede 31,5 tonnellate di metallo, contro le 3,1 tonnellate
che aveva a fine settembre. L’oro – che le autorità monetarie hanno specificato essere «in forma fisica» e custodito in patria
– ha un valore di circa 1,24 miliardi di dollari e la stessa Magyar Nemzeti Bank (Mnb) afferma che a questo punto rappresenta
il 4,4% del totale delle riserve del Paese.
In assoluto il metallo custodito dall’Ungheria non è moltissimo. Gli Stati Uniti, primi al mondo per riserve aurifere, ne possiedono ben 8.133,50 tonnellate, pari il 73,5% delle riserve. L’Italia, al quarto posto nella classifica curata dal World Gold Council, ne ha 2.451,8 (65,3%). La Francia ci segue a ruota con quantità di poco inferiori, mentre la Germania – seconda dopo gli Usa – ha quasi 3.400 tonnellate di lingotti.
A stupire è piuttosto la rapidità con cui Budapest ha moltiplicato le riserve aurifere, che ha lasciato perplessi alcuni analisti. Non è chiaro tra l’altro se per far posto all’oro siano state vendute valute,
come il dollaro o l’euro, o se le riserve siano complessivamente aumentate.
Il governatore della Mnb, Gyorgy Matolcsy, ha dichiarato che si è trattato di una decisione «di importanza strategica» sotto
il profilo economico e nazionale e ha fatto un vago riferimento all’esigenza di aumentare la «sicurezza» delle riserve.
Benché parco di dettagli tecnici, Matolcsy non ha risparmiato la retorica, ricordando la storia dell’Ungheria – che nel Medio Evo era nota per le sue miniere d’oro – e rievocando la vicenda di uno dei treni d’oro dei nazisti, intercettato in Austria dalle forze americane nel 1946: a Budapest venne restituita la stessa quantità di metallo che adesso è tornata nei forzieri nazionali, sottolinea il governatore della banca centrale.
La scelta dell’Ungheria in fin dei conti sembra avere soprattutto un contenuto politico, probabilmente orientato a rafforzare il consenso dell’opinione pubblica interna, dopo le reprimende della Ue. Ma di certo non è isolata.
Nel 2018 gli acquisti di oro del cosiddetto settore ufficiale sono «di gran lunga ai massimi da sei anni», hanno fatto notare gli analisti di Macquarie, stimando che ammontassero a 264 tonnellate a fine settembre.
Sempre nell’Europa orientale, anche la Polonia – un altro Paese membro della Ue ma non dell’Eurozona – si sta muovendo nella stessa direzione dell’Ungheria. Varsavia, che fino a quest’estate non aveva toccato le riserve dal 1998, ha comprato altre 4,4 tonnellate di oro a settembre, in aggiunta alle 9 già comprate tra luglio e agosto. Gli ultimi acquisti, segnalato dal Fondo monetario internazionale (Fmi), portano le riserve polacche a 117 tonnellate, un record da almeno 35 anni.
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