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Sui bond del credito c’è anche il rischio-Brexit

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sviluppi imprevisti

Sui bond del credito c’è anche il rischio-Brexit

(Afp)
(Afp)

Non c’è solo lo spread dei BTp. Sulle banche italiane potrebbe cadere prima o poi anche un’altra “tegola” politica. Questa volta dall’estero: qualora la Gran Bretagna uscisse dall’Unione europea sbattendo la porta (in caso cioè di «hard Brexit») i danni potrebbero infatti arrivare fino alle banche italiane. Il motivo è tecnico, ed è legato alla direttiva europea sul bail-in (chiamata Brrd) che in realtà riguarda tutte le banche europee. Ma su quelle italiane, già colpite dalla speculazione finanziaria a causa dello spread, potrebbe avere effetti peggiori.

Il problema nasce dal fatto che gran parte delle obbligazioni bancarie e aziendali - per tradizione - sono emesse in Europa sotto il cappello della legge inglese. Questo vale per tutti i bond europei. Il problema con Brexit nasce però solo per quelli bancari che costituiscono ai sensi della direttiva Brrd il “cuscinetto” di titoli aggredibili in caso di crisi bancaria e dunque di bail-in (in gergo Mrel). Il problema è questo: se la Gran Bretagna uscisse dall’Ue senza accordo e se questo la portasse a non riconoscere più la validità delle direttive europee (inclusa la Brrd), allora molti bond bancari potrebbero perdere improvvisamente la capacità di costituire il “cuscinetto” che le banche devono avere per far fronte a un eventuale bail-in. «Dato che sono sottoposti a legge inglese - spiega l’avvocato Cristiano Tommasi, partner dello studio Allen & Overy - se la Gran Bretagna non riconoscesse più la direttiva Brrd alcuni bond potrebbero diventare in parte inutilizzabili ai fini di Mrel». Cioè ai fini di normativa sul bail-in. Così i “cuscinetti” già costituiti si sgonfierebbero.

Bene inteso: stiamo parlando - per ora - di uno scenario estremo. Per realizzarsi Brexit dovrà essere davvero «hard». Ma siccome non è impossibile, le banche stanno già correndo ai ripari. È infatti dal giorno del referendum che quelle italiane (ma lo stesso accade all’estero) pur emettendo bond sotto legge inglese hanno cominciato ad includere nei prospetti una clausola contrattuale che riconosce espressamente il bail-in, sottoponendo quella clausola anche alla legge italiana. Addirittura UniCredit in Italia e SocGen in Francia hanno fatto l’ultimo piano di emissioni di bond sotto doppia legislazione: italiana e inglese. Dunque per tutti questi bond anche in caso di «hard Brexit» non ci dovrebbero essere problemi: resterebbero nel “cuscinetto” per il bail-in.

Il problema potenzialmente si presenta per i bond emessi prima del referendum su Brexit, che non hanno questi aggiustamenti legali. Questi, in caso di «hard Brexit» potrebbero essere a rischio di squalificazione ai fini della normativa sul bail-in. «Il condizionale è d’obbligo - spiega Craig Byrne, partner di Allen & Overy - perché bisognerebbe analizzare ogni singolo bond e le sue caratteristiche tecniche». Ma per questi titoli (magari non per tutti) il problema si porrebbe eccome nel caso di “hard” Brexit: «In tal caso le banche potrebbero chiedere agli obbligazionisti di modificare il regolamento dei titoli rendendo i bond qualificabili ai fini di Mrel, pagando eventualmente un premio aggiuntivo agli investitori - spiega Byrne -. Oppure potrebbero ricomprare i bond vecchi per emetterne di nuovi con i termini e condizioni in regola».

Proprio qui nascono i timori per le banche italiane. Se tutte in Europa si trovano a fronteggiare il rischio «hard Brexit», quelle italiane potrebbero avere un problema in più: per loro potrebbe essere ben più difficile emettere nuovi bond, per sostituire quelli vecchi “squalificati”, alla luce della tempesta finanziaria in cui si trova l’Italia. Insomma: se per una banca tedesca, francese o di un altro Paese può essere semplice sostituire vecchi bond “cuscinetto” con nuovi titoli, per le italiane sotto la bufera finanziaria l’impresa potrebbe essere difficile. Ed è così che alla debolezza italiana si sommerebbe, sulle banche, anche una tegola ulteriore causa-Brexit.

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