Gli operatori telefonici che hanno partecipato all’asta per le frequenze 5G, sborsando fino a 6,5 miliardi per aggiudicarsele, si preparano a dare battaglia. Le prime segnalazioni all’Antitrust sono già state fatte, ma si sta valutando anche il ricorso al Tar. Nel mirino c’è la proroga di 6 anni che il ministero per lo Sviluppo economico, su parere dell’Autorità per le comunicazioni, ha concesso per i diritti d’uso delle frequenze 3,4-3,6 ghz a società telefoniche come Aria (Tiscali), Go Internet, Linkem, Mandarin. Proroga che è intervenuta mentre la procedura per l’asta per il 5G era in corso. Peccato che quelle frequenze sulle quali è stata concessa una proroga (originariamente assegnate per wimax) sono gemelle a quelle sulle quali era in corso la competizione (per i lotti da 700 Mhz, 3,6-3,8 Ghz e 26 Ghz) e dunque ora sono utilizzabili per una tecnologia diversa (il 5G) rispetto a quella di assegnazione senza passare da un’asta.
Mentre operatori come Telecom e Vodafone (ma anche Wind, seppure abbia acquistato un lotto più piccolo) si svenavano per aggiudicarsi quelle frequenze, altre società come le quattro citate sopra si garantivano la possibilità di utilizzare risorse del tutto analoghe fino al 2029 . Questo senza un adeguamento dei costi collegabile con l’andamento dell’asta. Il benchmark del valore dei diritti di uso delle frequenze lo fornisce la transazione in corso tra Tiscali e Fastweb per la cessione della prima alla seconda di 40mhz: il valore orientativo è pari a 150 milioni, valore ben più basso rispetto a quanto pagato in asta. Tra l’altro questa operazione sarebbe finita in stand-by anche per i dubbi delle banche creditrici di Tiscali sul prezzo troppo basso richiesto rispetto ai valori espressi nell’asta 5G. A riprova del fatto che le frequenze sono assolutamente simili. Le preoccupazioni degli operatori che hanno partecipato all’asta sono legate anche a future operazioni di M&A: cosa accadrebbe, ci si chiede, se un operatore Ott comprasse una della quattro società beneficiarie della proroga? Quale effetto distorsivo del mercato questo provocherebbe?
I dubbi della banche creditrici di Tiscali potrebbero essere legati anche a un’altra circostanza. Nei giorni scorsi sulla vicenda è stata presentata un’interrogazione parlamentare: primo firmatario Elio Lannutti, senatore del Movimento 5 Stelle. Nell’interrogazione si chiede al ministro per lo Sviluppo economico, il vicepremier espresso dai 5Stelle Luigi Di Maio, di «disporre l’annullamento del provvedimento di proroga», di riportare quelle frequenze nella disponibilità della pubblica amministrazione per poterle «assoggettare a più remunerative procedure di assegnazione ad evidenza pubblica». Nel documento si afferma, inoltre, che la proroga «ha sottratto all’Erario un introito valutabile attorno ai 4 miliardi di euro.
I parlamentari chiedono al ministro se egli «sia a conoscenza delle ragioni che avrebbero portato l’Autorità a non svolgere un’analisi competitiva, anche tramite il coinvolgimento dell’Antitrust, al fine di prevenire possibili distorsioni alla concorrenza derivati dal provvedimento di proroga». E ancora: si chiede se il ministro sia stato coinvolto nel procedimento di proroga. L’interrogazione ha creato qualche imbarazzo nel mondo dei pentastellati proprio perchè non è chiaro fino a che punto il ministro Di Maio abbia approfondito le implicazioni di quanto autorizzato su parere dell’Agcom.
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